lunedì 7 gennaio 2013

Diario di un australiano - Data australe 7 gennaio 2013

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Una volta lessi una ricerca secondo la quale e' piu' facile l'integrazione dello straniero nei luoghi in cui il senso di comunita' e di appartenenza sono piu' forti. Dove la gente' e' unita e compatta il diverso non verrebbe vissuto come una minaccia, quindi sua integrazione sarebbe piu' veloce. Quindi potremo dire che nei paesi del bergamasco, dove anche i muri parlano dialetto, il tunisino avrebbe maggiori chance di essere accolto e construirsi un futuro.
Anche se questo contraddirrebbe molti luoghi comuni su quelle terre, nell'immaginario collettivo abitate solo da leghisti assetati di secessione, credo che sia vero. Ricordo anni fa a Negrar avevo incontrato africani che parlavano un veneto perfetto e piu' recentemente mi e' capitato di osservare albanesi perfettamente integrati nei paesini della Val d'Arroscia.
Nelle nostre citta', come nella grande Genova, dove il tessuto sociale e' disgregato e le persone si incontrano senza conoscersi, lo straniero viene percepito spesso solo come un pericolo, perche' con la sua diversita' mette a nudo la nostra difficolta' di definirci come persone e come societa'.

Mi ha sempre molto affascinato questa cosa dello straniero, del “furestu”, di questi nuovi arrivati su cui si concentra la curiosita', il sospetto, talvolta il risentimento di molti: gente che arriva, a volte passa e a volte resta, persone che si integrano o che rispondono alla non accoglienza col far gruppo a parte, come e se ci riescono. Poi come gli ex del Grande Fratello, sono al centro dell'interesse finche' un nuovo “diverso” arriva a scippargli lo corona di “pericolo n.1”.

Quando ero piccolo io c'erano i “sardegnolli”. Ma “sun sardegnolli” era piu' che altro una mera indicazione geografica, non conteneva connotazioni negative. Anche il nome in se' faceva pensare a una sorta di simpatico puffo, non a una minaccia all'ordine costituito.
Vincitori incontrastati del sospetto sociale di quegli anni erano pero' i “terroni”, quelli della “bassa”, del “tacco”, insomma i “calabrotti”. Su singoli e famiglia si abbattevano ogni sorta di dicerie, dai contorni quasi leggendari: non si lavavano, facevano figli come conigli e soprattutto se ne arrivava uno potevi scommettere su una invasione certada parte di tutti i parenti fino al terzo grado. Vestiti perennemente a lutto, erano considerate persone dal carattere violento, capaci di vendette terribili, essendo di certo imparentati con terribili mafiosi o iniziati a pratiche di magia almeno grigia.
Nel paese dove e' nata mia madre e' tutt'ora presente una signora di origini calabresi. Pur essendo una persona squisita, ricordo che su di lei circolavano voci incredibili che la facevano apparire a noi bambini una sorta di maga Mago'. Tutti erano pronti a testimoniare che parlasse con le api, le quali, pur selvatiche, le obbedivano rimanendo assoggettate da misteriose e incomprensibili parole.

In questo campo poi e' facile fare profezie che si autoavverano: meno ti accolgono, piu' ti isoli, contribuendo, tuo malgrado ad alimentare sospetti, mistero ed emarginazione.

Come Bubka con il salto con l'asta, quelli del “sud” vincevano facilmente sempre il titolo di “straniero dell'anno” e nulla sembrava in grado di insidiarne il titolo. Anche i neo arrivati, i “vu cumpra” sembravano avversari da poco. Venivano senza clamori d'estate sulle spiagge a rifilare paccottaglia ad annoiate signore, meschinetti, accolti quasi con simpatia e affetto. Bin laden non si sapeva chi fosse e che fossero mussulmani non fregava niente a nessuno.

La svolta c'e' stata con gli Albanesi. Nostri vicini da sempre, quando hanno incominciato ad attraversare l'Adriatico, abbiamo immediatamente gridato all'invasione e iniziato i preparativi per una difesa dura e senza esclusioni di colpi. In breve hanno iniziato a circolare libere e incontrastate terribili voci di furti, stupri e spaccio di droga di tale entita' che pure i “terroni”, venivano seduta stante arruolati tra i “nostri” per vigilare e combattere “loro”. Qui non si trattava di gente dagli usi strani e bizzarri, ora si parlava delle nostre ville, dei nostri soldi, della sicurezza dei nostri quartieri e di intere citta. Insomma della salvezza Patria.
Gli “albanesi” sembravano “lo straniero definitivo”. Poi sono arrivati i “rumeni”, gente di fronte ai quali gli albanesi sembrano educande.
A ogni ondata un nuovo nemico, nuove paure, stereotipi alimentati da una televisione sempre brava a gettare benzina sul fuoco. Poco importa poi che tuo figlio abbia magari sposato una terrona e tuo nipote esca con una albanese: quelli sono brave persone, che non fanno statistica, gente che conosci, gente che “sono come noi”. Del resto non e' detto che il razzismo brilli per logica.

Ever green sono gli zingari. Possono invaderci gli Unni, ma gli zingari restano sempre nella top ten. Ricordo che quando arrivavano a Cogoleto, si diffondeva un timor panico. Gia' allora mi interrogavo sul perche' persone con una tale tendenza alla fertilita' rubassero bambini a ogni pie' sospinto. Non capivo come gente che viveva in roulotte, spesso fatiscenti, riuscisse a portar via bambini e farla sempre franca. Dove li nascondevano? Come facevano a fuggire? Come riuscivano a cancellare ai bambini la memoria e a convincerli a chiedere l'elemosina, era per me poi fonte di struggente mistero. I miti sono miti e non necessitano ne' di prove ne' di confrontarsi con i dubbi di un bambino. Fatto sta' che anche oggi, generazione dopo generazione, straniero dopo straniero, lo zingaro gode ancora di un enorme pubblico di affezionati nemici.

Qui le cose sono uguali e diverse. Uguali perche' poi l'uomo e' sempre tale, con tutte le sue paure e le sue fobie irrazionali. Diverso perche' qui gli stranieri sono tanti, praticamente tutti quelli che non hanno le inconfondibili fattezze di un aborigeno. Si puo' poi discutere sull'Australianita' “relativa”, fatta di arrivi remoti o recenti, ma su quella “assoluta” non c'e' gara.
Io sono straniero. Ho la pelle tendente al bianco. Forse non posso fingermi anglosassone, ma gli europei da queste parti corrono comunque per il podio. Sono straniero, come le tante orde arrivate in Italia negli anni della mia vita, come quelli venuti a rubare i bambini o i soldi. Gente che, quando onesta, rubava quantomeno il lavoro agli italiani.

Pero' qui, dove il 40% degli australiani e' nato fuori dall'Australia, diventare razzisti e' un casino, una faticaccia. Con chi prendersela, su chi catalizzare sfighe personali e sociali, chi scegliere come “nemico” di turno?
C'e' qualche arabo, ma poca roba. Ci sono tanti cinesi, che vanno oggi tanto di moda, ma come distinguerli tra le frotte di asiatici tutti simili! Rischi di scegliere un indonesiano, un filippino, un vietnamita o un birmano. Peggio potrei sbagliare con un sudcoreano o giapponese, gente che si arrabbia facilmente se confusa coi cinesi.
Potrei buttarmi sul colore della pelle, ma gli indiani si confondo coi pakistani o con una miriade di gente sia a est che a ovest. Magari poi sono pure cattolici e non sta mica bene...
Poi il risentimento razzista si nutre di complici da bar, con cui condividere mugugni, paure e rifocalizzarsi sul nemico. Ma non conosco nessuno con cui mugugnare e progettare una eventuale secessione.
La televisione poi non aiuta, cosi' intrisa di political correct, dove anzi nessuno si permette mai una battuta fuoriposto o un nemmeno vago riferimento razziale.
Il problema e' che qui sono tutti troppo educati. Qui dove se anche solo ti sfiorano e' tutto un “sorry” e tutti si apostrofano con “man” o l'amichevole “mate”, quando ti ringraziano o ti salutano per strada. Come si fa a fomentare l'odio ed ergersi a paladino di una qualsiasi “razza pura” se anche alla cassa del supermercato ti chiedono come stai?
Forse dovrei buttarmi nell'outback, tra gli australiani che masticano carne secca, tosano pecore, girano coi suv impolverati e col cappello rubato a John Wayne. Ma anche li' trovero' una sede della locale Lega Lombarda o mi accogliera' una famiglia asiatica che vive qui da due generazioni?
Meglio lasciar stare. Di solito ho da far cose piu' serie, costruir su macerie o mantenermi vivo (Guccini)
Pero' e' dura essere straniero, specie all'inizio. Pero' capisci cose che prima solo intuivi, giudichi le persone in maniera diversa, piu' attenta e profonda. In questa esperienza di poverta' che e' non sapere la lingua ed essere sradicati, ripensi alle persone che hai conosciuto in Italia, quando e dove le parti erano ribaltate. Ricordi Eddy Sanchez, in Peru' laureato in ingegneria e in Italia assunto dalla Cooperativa Emmaus a fare sgombero di mobili. Immagini cosa puo' aver passato, i pensieri che avra' fatto, le difficolta' che avra' incontrato per la lingua e gli affetti lontani. Capisci e superi le distanze e le difficolta' che a Genova avevano impedito di conoscersi prima e meglio.

Allora basta, mi dimetto dal club dei razzisti, nel quale del resto non mi ero neanche mai iscritto. Mi glorio della mia poszione di “furesto”, conscio della fortuna di avere questa opportunita' in un momento cosi' duro e tragico per l'Italia.
Poi forse aveva ragione l'Abbe' Pierre, quando diceva che la “la Francia e' dei francesi, ma la terra e' degli uomini”. Anzi mi piacerebbe essere una persona migliore e meno pigra, dedicarmi alla rimozione dei confini che chiamano un pezzo di terra “nazione”, che chiariscono chi e' dentro e chi sta fuori, che dividono la gente in “extra-qualcosa” o “clandestini”.

Ricordo che quando Eddy e Jovanna hanno deciso di tornare in Peru', quando lui parlava della Cooperativa, le persone che aveva incontrato e quello che aveva negli anni costruito in Italia, piangeva. E con lui piangevano tanti Italiani nel salutarlo. E questo mi piace e mi da tanta speranza. Grazie

sabato 5 gennaio 2013

Diario di un australiano - Data australe 5 gennaio 2013

E' arrivata l'estate, quella vera. Oggi abbiamo superato i 40 e in casa siamo rimasti fissi su oltre i 32 gradi. Obiettivamente caldo, tanto caldo, come non ricordavo da tanto (e senza neppure il mare).
Quale momento piu' adatto per andare in bicicletta ogni mattina e ritornare faticando in salita, mentre pure il caschetto suda e avverti sporadici avvisaglie di svenimento?
Comunque quello della bicicletta si sta dimostrando un amore tardivo, ma forte, tanto che dopo un iniziale trascinamento da parte del sottoscritto, anche la Maru si e' appassionata. Dalla settimana prossima ricomincia a lavorare e stiamo progettando la ripresa delle attivita' agonostiche.
Facesse piu' fresco sarebbe meglio, ma in ogni caso andare in bicicletta fino in centro e' uno spettacolo: piste ciclabili talmente diffuse da scoprirne di nuove ogni giorno, tra laghetti, papagalli, cigni e foreste. Una gioia per gli occhi e per il fisico.

Prima delle sue ferie abbiamo gia' fatto qualche andata a ritorno verso il suo lavoro. Per incoraggiare la biciclettara in erba, il patto era che il sottoscritto la scortasse nei 10-12 chilometri mattutini e la andasse a prendere nel pomeriggio. Per me una goduria poter fare piu' di 40 chilometri al giorno e per lei un incoraggiamento nei suoi primi approcci con lo strumento e le strade.
Poi c'e' un sacco di gente di ogni foggia ed eta', una moltitudine che attraversa parchi e stradine verso la scuola o il lavoro. La Maru pero' non e' riuscita a godersi appieno questa comunanza, quest'essere popolo, con i biciclettari canberresi. Infatti, avendo preso, in illo tempore, una bici (cinese) in offerta da BigW (una di quele che devi montarti, stile Ikea) si ritrovava con un mezzo dalle limitatissime capacita'; in soldoni pedalava come una forsennata, mentre veniva sorpassata da anziani, bambini in triciclo, foche ammaestrate, coetanei su bici ereditate dai nonni. Una umiliazione continua. Per rendere l'idea: io fermo sui pedali andavo piu' veloce di lei che tirava al massimo.
Per Natale le abbiamo regalato una bici nuova, una bella bici, comoda e veloce. Al negozio ne ho chiesta una che vada almeno piu' veloce di un anziano sulla sedia a rotelle. Attendiamo conferme

A onor del vero il nostro allenamento di coppia ha subito alcuni intoppi. Anzi a dirla tutta non siamo mai riusciti a completare insieme neanche un tragitto, in quanto la sorte ci e' stata avversa. Al primo giorno, una foratura mi ha costretto alla resa e ad una penosa camminata sotto il sole di quasi 2 ore, mentre lei mestamente affrontava il ritorno il solitaria.
In questo mio viaggio della speranza, sotto un sole cocente, ho potuto scoprire un aspetto inquitante del popolo dei biciclettari. In realta' sotto le spoglie di ameni sportivi si nasconde una massa di impiccioni solidiali. Uno non e' libero di fare due passi sotto il sole con una bici a fianco, senza che ignoti si fermino per offrirti conforto e assistenza. Inoltre questa frotta di beneffattori pretende pure che tu parli, dica qualcosa, spieghi l'avvenuto, andando oltre il sorriso da ebete riconoscente che uso in questi casi. Con il caldo pero' il mio inglese e' regredito talmente, che al terzo buon samaritano sono riuscivo ormai solo a farfugliare “My tire boom”, pescando nella mia sconfinata cultura fumettistica. Il quarto che si e' fermato, forse interpretando per deliri da disidratazione il mio inglese, ha deciso direttamente di ignorarmi per occuparsi invece della mia ruota. Ha cosi' scoperto un bastoncino di 3 cm conficcato nel copertone.
Tutti poi si informavano dove dovessi andare. Un giovane, saputo quanto lontana fosse casa mia, mi ha dato la mano e detto “Goog luck!”. Una cosa imbarazzante, tanto piu' che questi attaccavano a parlare quando ancora erano a 10 metri e non riuscivo in alcun modo a gestire tanta generosa umanita'. Mentre stavo meditando di darmi alla macchia, allontanandomi dal sentiero, una signora si e' fermata e si e' perfino offerta di andare a casa, prendere la macchina e camallarmi fino a casa mia.
Il giorno dopo e' andata leggermente meglio. Con la ruota riparata, sono andato incontro alla Maru nel ritorno pomeridiano, armato anche di bottigliette d'acqua anti malore. Purtroppo arrivato a un incrocio la vite che tiene fisso il volante, ha ceduto e sono finito per terra con la ruota in piena rivolta anarchica. Mentre ero gia' rassegnato alla consueta caminata sotto il sole, e' successa l'ennesimo episodio da Candid Camera: un biciclettaro, sconosciuto e senza un braccio, si e' fermato e senza che potessi dire ne' bi ne' ba, e' smontato, ha aperto il suo zainetto, preso un mazzo di brugole e, sempre con una sola mano, mi ha raddrizzato e fissato il volante. Tutto in 15 secondi, mentre io stavo riprenendomi dalla sorpresa e domandandomi se scendere dalla bici e come poter essere utile, senza metterlo in imbarazzo. Ma lui, fregandosene dei miei profondi ed educati pensieri, aveva gia' finito. Abbiamo quindi ringraziato e siamo ripartiti; ci ha superato pero' subito dopo perche' per andare piu' lento della Maru avrebbe dovuto anche avere ben altre menomazioni.
Comunque uno spettacolo. Sono cosciente che spesso gruppi di persone con una passione comune, sviluppano spesso legami solidali forti, ma credo che quello che mi e' successo testimoni una attenzione e una premura per il prossimo che vada oltre l'appartenenza settarica. Qualcosa di bello e prezioso.


Vi regalo solo ancora 2 belinate.
A Sydney ho visto un bellissimo autobus natalizio. Purtroppo la foto non rende l'idea: aveva tutto il cruscotto con la schiuma bianca, stile paesaggio montano, come pure innevati apparivano tutti i finestrini laterali. L'interno era tutto colorato con luci natalizie e perfino i pali dove tenersi erano addobbati a festa. Uno spettacolo. 


Sempre a Sydney ho trovato una bellissima libreria, nel quartiere Newtown con questa bella scritta:

Traduzione per chi la vuole: “Claustrofobia e' la paura dei posti chiusi. Ad esempio: io sto andando al negozio di liquori e ho paura di trovarlo chiuso”

[Per Cristiano: non sto affatto dicendo che Sydney sia migliore di Canberra, anzi.. Ammetto solo che in tutto sto traffico e sta gente che ti preme ovunque, ci possa statisticamente essere pure qualcuno di simpatico.]

A proposito di multiculturalita' oggi mi sono imbattuto in un interessante sito di incontri amorosi. Avevo gia' incontrato quelli che studiano le affinita' astrali, quelle caratteriali, ma nesusno che puntasse sull'appartenenza religiosa. Infatti dopo un impegnativo “Gesu' cristo e' il Signore!”, lo spot ti invita ad accedere al database per trovare anime gemelle, sigle e cristiane. Se lo fanno vuol dire che e' un servizio richiesto, per cui complimenti a chi ha avuto l'idea.
Buon anno in ritardo a tutti