Diario dell'australiano - Data australe 4 ottobre 2012
Oi Mari' Oi Mari'. Ci sono canzoni a cui non avrei mai dato due lire, anzi neppure mi ci sarei accostato di striscio, le quali poi si rivelano non solo carine ma pure belle, cariche di una passione e una inaspettata ironia sulla vita e le cose.
Un po' come il pavimento del centro storico a Genova, con la sua irregolarita' e una sporcizia che sa di storia. Passo dopo passo, l'umano peregrinare ne ha levigato gli spigoli, smussato le increspature fino a creare un fondo agevole e quasi degno di fiducia. Quasi, perché se non stai attento e in un momento di umana superbia, elevi lo sguardo da terra oltre l’umano dover, ecco che calpesti la “ciapella” sconnessa, quella mobile, basculante. Trattasi di un avo lontano delle ben più terribili mine antiuomo, realizzata con elementi di fortuna, tutta roba biologica, ma non per questo meno letale. Se calpestata, infatti, mezza piastrella affonda e dalla parte opposta parte un getto di una sostanza non definibile, ma comunque capace di inzaccherarti seduta stante scarpe e pantaloni. Non c'e' scampo, lo schizzo e' veloce come il veleno di un serpente a sonagli e non permette ne' balzi di lato, ne' fughe in avanti.
Esistono poche cose capaci di renderti tutt'uno con la tua citta' e di renderti parte della sua storia. Puoi vistarla finche' vuoi, leggere di lei, amarla e cadere in nostalgica depressione al solo sentirla nominare. Ma quella sostanza scura e maleodorante, che esce dalle viscere della terra, da sedimenti di rumenta, escrementi, animali morti, polvere, avanzi di cibo, mangiato e digerito dai ratti, e' il sangue della citta', l'humus nato dagli anni, macinato dal peso di persone magari già morte. Una miscela antica che oggi, uomo fortunato, ti parla, ancora ti tocca, ti contagia e ti rende parte di lei.
Similmente, in questi canti popolari, dai suoni astrusi, si respira la vita, amori lontani di protagonisti consegnati ormai alla polvere dei sepolcri, ma autori di melodie e sentimenti senza tempo. La musica è datata, le parole auliche e vetuste, ma l’insieme è un aroma che ti ti raggiunge e ti tocca. Pure senza sporcarti.
Siamo stati ospiti del Coro Austriaco nella sede del Club Austro – Australiano. Loro sono un coro serio, per numero e capacita' tecniche. Noi eravamo meno e con un repertorio certo più popolano: canti friulani, napoletani, romani. Tutta roba da sagre di paese, pubblico molto maturo e tendenzialmente amante del buon vino. C'erano anche due pezzi da solista, ma nel complesso non potevamo competere con Mozart e Strauss; forse con l'Edelweiss di “Tutti insieme appassionatamente” ce la potevamo giocare, ma a stento.
Ma se non c'era storia sulla tecnica e la nobilta' del pezzo, in soldoni abbiamo avuto un successo di applausi ben superiori all'asburgica controparte. Infatti alla fine della fiera loro parlavano al cervello, mentre le nostre italiche melodie, con mandolino, chitarra e fisarmonica, andavano dritte al cuore, rievocando anche nel crautofago piu' serio sentimenti e amori di altri luoghi e tempi.
A cori uniti abbiamo fatto anche “Va pensiero” e “Santa Lucia” con il mio vicino che insisteva a dire “barcetta” al posto di “barchetta”, ma e' venuta una bella cosa comunque.
Certo che cantare “Va pensiero”, coro anti austriaco, con gli austriaci, in Australia, credo sia un insieme di eventi che neppure un Verdi in versione oppiomane avrebbe potuto immaginare.
Nota di cronaca: la Marussia a “Oh sole mio” si e' mezza commossa, anzi il concerto le ha regalato una destabilizzante, ma temporanea, forte nostalgia dell'Italia.
Qui nella terra della gente a testa in giù tutto bene. Hanno un po’ mollato con la campagna elettorale. Non ho ben capito quando ci siano le elezioni, cosa di cui comunque mi frega veramente poco, essendo locali
I bimbi sono in vacanza, per due settimane e ormai la primavera domina la scena con giornate calde e serene. Oggi abbiamo gonfiato la piscinetta, in modo che possano piazzarcisi, magari quando il sole ha smesso di attentare alla nostra vita, coltivando melanomi a nostra insaputa.
Una cosa che colpisce a Canberra sono i suoni. Esistono anche qui i rumori di automobili o di motoseghe lontane, ma il cinquiettio di uccelli domina costantemente la scena. C’è una varietà ricca di pappagalli, di cui ignoro i nomi, molto dissimili tra loro. Sono presenti in stormi in cielo e nei prati e, senza timore stanno nelle vicinanze delle case e giardini degli uomini. La mattina ti svegli sentendo gli uccelli e sono una compagnia costante della giornata.
Sono presenti anche uccellacci meno simpatici, in tutto simile a corvacci, striati o nero tinta unita. Questi hanno lo sguardo loro, quello vitreo tipico della specie, ma evocativo, almeno nel sottoscritto, di ansie e paure tali che me li rendono insopportabili.
Un passaparola popolare testimonia dell’esistenza di volatili che attaccano, in primavera, i ciclisti che transitano in prossimità dei loro nidi. Un ferale attacco stile Stuka, una picchiata fino a colpire il capo (o meglio il caschetto) dell’incolpevole passante. Non so se sia vero. Posso però testimoniare che ci sono diversi ciclisti che indossano uno strano casco, da cui spuntano delle punte di plastica, simili alle strisce che usano gli elettricisti per fissare i cavi. L’effetto è strambo: tutte quelle propaggini colorate fanno sembrare il casco il collare di un molosso e il proprietario un povero mentecatto. Sembra però che questa mascherata riesca a trarre in inganno l’uccellaccio, il quale calcolerebbe male la distanza evitando di arrivare fino alla testa. Astuto l’australiano.
A me comunque non hanno ancora attaccato e non ho cuore a travestirmi da istrice istrionico.
Il sottoscritto tra un mese ha altri esami ma pochissima voglia di studiare, incentivata dal dubbio di non essere proprio certo di voler fare il sistemista nella vita. Ma per ora questo passa il convento, per cui facciamolo.
Continuo a frequentare la Canteen della scuola dei ragazzi. Mi piace e i miei due pargoli sono contenti di trovarmi lì a ricreazione. Le mamme sono simpatiche e sono pazienti con il mio precario inglese. Parlano sempre tanto tra di loro e spero che, almeno per sfinimento, qualcosa entri, in questa testa dura. Fanno anche sovente battute e prese in giro nei confronti miei e del mio inglese. Alcune le capisco pure, ma non rispondo. Per essere spiritosi, occorre conoscere bene la lingua. Però segno tutto, in attesa di tempi migliori.
P.S. Buon San Francesco, persona seria nonchè patrono della nostra martoriata Patria