martedì 28 febbraio 2012

Diario dell’australiano Data australe 29 febbraio


In 3 canali australiani, tutti della SBS, passano programmi e Tg in lingue straniere, compreso italiano, turco, mandarino, greco, francese, tedesco, russo e spagnolo.
Petto in fuori e mano sul cuore, che oggi abbian fatto man bassa e fatto saltare il banco. Posso testimoniare, avendolo avuta in sottofondo tutto il giorno, che le avventure della Costa, stanno facendo appassionare tutto il mondo. Ma cosa si inventeranno quei geni della Costa per attirare ancora l’attenzione? Un bell’ammutinamento? Passeggeri nella stiva in punizione? Un coca party con il capitano? Però Costa sta dimostrando di avere gli attributi per riprendersi. Ci crediamo tutti, tranne il suo Amministratore delegato, che risulta stia vendendo azioni Carnival a man bassa. Viva l’Italia.
Tiriamoci su il morale. La Gillard ha vinto il ballottaggio e Kevin Rudd ha perso disastrosamente 71 a 31. Ora tutti aspettano di vedere cosa succederà a quei ministri che si sono schierati pubblicamente per Rudd e che ora aspettano la vendetta della Gillard, la quale è tutto tranne che Mary Poppins. Già il Ministro dello Sport, il giorno stesso del ballottaggio ha annunciato di sentire una profonda nostalgia della famiglia e che quindi molla sia il ministero sia il seggio da senatore. Un crollo emotivo improvviso, un vero e proprio esaurimento. Ce ne sono almeno 5 nel Consiglio dei Ministri che aspettano notizie, un cenno da Julia, essendosi detti sicuri che con lei candidata premier, non si vince di certo alle prossime elezioni.  Alcuni dicono che per il bene del partito la Gillard farebbe bene e lasciar perdere e puntare sull’unità, altri invece la invitano a  non mostrarsi debole e fare piazza pulita.
Ogni tanto guardo il “question time” del Parlamento Federale. Devo dire che sono quasi entusiasmanti. Se vi aspettate un clima di britannica compostezza e farplay, avete proprio sbagliato indirizzo. Qui se le suonano di santa ragione, paonazzi e con i visi tirati, in una competizione che sfiora il tifo da stadio.
Premetto che non capisco quasi una parola per cui mi limito a vedere tutto come se fosse un film muto o il telegiornale per sordomuti. Solo che in questo caso è molto più divertente perché la traduttrice sembra completamente ubriaca.
Occorre dire che rispetto alla nostra ciclopica camera qui la location è molto più familiare. C’è lo speaker, che fa da arbitro, da e toglie la parola a tutti, anzi interrompe proprio e mette a sedere chiunque, Primo ministro compreso, senza che nessuno dica osi dire nulla. Sotto al suo seggio c’è un tavolo, abbastanza lungo e sui due lati c’è seduta la Gillard e dall’altro lato Tony Abbott, il leader dell’opposizione, con il loro bel seggio e microfono. Dietro questi due ci sono i reciproci supporter, che quando chiamati o spontaneamente si presentano al microfono per parlare e spesso attaccare i tifosi avversari.
Funziona in questo modo, uno si alza va al microfono e dice a chi intende indirizzare l’intervento e parla. Poi si alza l’interpellato e risponde.  La Gillard risponde sempre allo stesso modo: “ Ringrazio veramente tanto di questa domanda, perché mi permette di chiarire questo punto”. Fantastico: gentile, collaborativa, educata. Immediatamente dopo dice qualcos’altro, il viso si indurisce, la voce assume un tono secco e immediatamente dagli avversari sale un mugugno sordo che piano piano si trasforma in un forte mormorio che tradisce una chiara volontà omicida. Più l’opposizione scalpita più il Primo ministro alza la voce e la gazzarra sfiora la bagarre. In alcune occasioni addirittura mentre lei parla, il leader dell’opposizione si alza in piedi, si aggiusta la giacca e si avvicina la microfono, con le movenze di un pugile che sta per salire sul ring. Una volta che i due capoccia hanno dato fuoco alle micce, intervengono le seconde linee.
C’è una cosa davvero singolare su cui devo investigare. Quando uno finisce un intervento, tutta la sua parte dice qualcosa in coro, un suono di assenso, breve ma sincronizzato. Avete presente nei film quando nelle chiese protestanti  il pastore dice qualcosa e l’assemblea risponde “amen” o “alleluia”? qualcosa di simile, solo quiche dicono qualcosa tipo “yeeaa” tutti insieme.
Altra cosa veramente strana, è che pur nel pieno della bagarre tutti parlano sempre e comunque allo speaker e non direttamente agli avversari, tipo “ricordatevi che siete dei ladri, mr speaker, che voi dell’opposizione dite delle cose non vere, mr speaker”, come se in realtà questa figura fosse quella che si deve convincere o sia quella che fa la spia direttamente alla Regina, come il supplente che scrive i nomi degli alunni cattivi per la maestra.
La cosa più buffa è che nel mentre di tutte queste discussioni animatissime in cui si accusano senza mezzi termini di spacciare balle, con le cravatte allentate e i volti rossi, lo speaker interrompe tutti per dire “salutiamo la delegazione dell’Indonesia che è venuta a trovarci” e inquadrano un fila di gente che si alza e si lancia in sentiti inchini verso i parlamentari, che nel frattempo si ricompongono e riprendono sembianze umane. Poi via si ricomincia a urlare, battere i pugni sul tavolo e dirsi di tutto finché non tocca alla delegazione Giapponese e così via.
Mentre guardi sti poveracci che salutano con tanta passione e deferenza di senti quasi in imbarazzo. Come se nel nostro Parlamento improvvisamente tutti si girassero e scoprissero che una delegazioni di bambini delle Elementari li stava osservando da ore. Invece sembra che ai parlamentari non gli faccia ne caldo né freddo, come se fosse solo un democratico sistema per fare un break, rianimarsi e, se sudi, cambiarti d’abito. Fantastica politica, tutto il mondo è paese. Un circo come da noi anche se qui non ci sono praticamente punti morti
Devo dire che poi il tutto viene un po’ a noia, perché, come da noi, sembra che abbiano perso il motivo  per cui stanno litigando, concentrati come sono nel darsi addosso l’un contro l’altro. Durante uno di questi “question time” ho visto la P.M. Julia Gillard che, come una bambina, si dondolava sulla sedia girevole, con la scarpa completamente sfilata e tenuta in equilibrio con le sole dita del piede. Non mi sembrava proprio concentratissima, insomma, anche se appena presa la parola ha trovato il modo di irridere gli avversari, facendo ridere molto la sua parte.
Quando la bagarre assume toni elevati e imbarazzanti, allora lo speaker si alza in piedi. Quasi subito tutti si zittiscono. Deve essere un chiaro segno che si sta incazzando veramente. Mi ricorda un mio prof all’università, che quando qualcuno parlava, abbassava di colpo la voce; se il fastidio continuava e fino ad azzittirsi completamente, alzava gli occhi e fissava i due ciarlieri, i quali immantinente realizzavano che non avrebbero mai passato l’esame con lui. Mi piacerebbe vedere quale sia lo step successivo, se alzarsi non sortisse alcun effetto. Che fa, scende e li suona tutti uno per uno?
Un’altra cosa singolare sono le conferenza stampa, i momenti in cui il rappresentante del governo incontra la stampa. Credevo che nei paesi anglosassoni fosse un grande momento di democrazia in cui la politica si espone alle domande e alle provocazioni della stampa; la Stampa con la s maiuscola,  dei film,  che morde le caviglie del potere, lo tiene sulla corda, il baluardo ultimo della democrazia.
Naturalmente io non capisco nulla di quanto dicono, ma noto che il Potere ha trovato un sistema infallibile per annullare del tutto il fastidio delle conferenza stampa e l’assalto della stampa. Infatti mandano a questi appuntamenti persone geneticamente modificate e plasmate fin dalla tenera età per essere assolutamente privo di reazioni ed espressione. Vedi questa persona che in maniera monocorde parla per minuti e minuti, fissando sempre la telecamera, senza muovere un muscolo, senza alzare un sopracciglio e senza mai una pausa, praticamente anaerobico. Poi si interrompe ascolta la nuova domanda e ricomincia con lo stesso tono, come se non avesse mai smesso di parlare. Una nenia terribile e prova di Dalai Lama. Avete presente Capezzone? Elevato al cubo.
Governo – Stampa libera: 10-0.
Per quanto uno si sforzi di guardare le cose con spirito di novità e positiva curiosità, ci sono però cose che non possono essere perdonate. Questo popolo, giustamente lodato per la freschezza e la pratica ma calda accoglienza, nasconde comportamenti da censurare senza pietà e senza tema di passare per irriconoscente o peggio reazionario.  Sono aspetti che possono apparire marginali rispetto al tanto di positivo e di bello si può quotidianamente vedere e scoprire in Australia. Ma non si può tacere per evitare di essere complici o che qualcuno, fidandosi oltremodo di queste righe, non arrivi poi un giorno a restarci male perché non avvisato.
Ho già detto quanto all’australica gente piaccia celebrare lo stare insieme e sfruttino ogni occasione per riunirsi e fare comunità.  A scuola, al lavoro, perfino al centro commerciale è un continuo inventarsi feste e momenti per cui uscire di casa e stare con gli altri. Tutto ti dice che fai parte di un tutt’uno, dal vicino spione / bodyguard fino al cartellone con tipa sorridente ch ti ricorda di comprare australiano.
Momento topico di ogni grande e popolare celebrazione sono i fuochi d’artificio, che bisogna dirlo, qui sono magnifici e colpiscono per durata e qualità. Spesso li sparano da punti diversi in modo da coprire uno spettro veramente ampio oppure li fanno direttamente sopra la tua testa  e diventano così veramente avvolgenti, quasi inglobanti.
In mezzo a questa magnificenza di luci, c’è una particolarità locale che riesce a mandare tutto a Patrasso e rendere lo spettacolo del tutto sgradevole. Per mezzo di potenti altoparlanti, per tutto il tempo dei fuochi, trasmettono una terribile musica folk, capace di disturbare in maniera significativa il suono dei fuochi stessi. Non si tratta purtroppo di un errore, in quanto per ben due volte  hanno compiuto lo stesso gesto sacrilego.  Non esistono spiegazioni atte a giustificare un tale gesto, quasi che il magnifico spettacolo fosse monco o il suo sonoro del tutto disprezzabile o quegli scoppi, capaci di farti sussultare il cuore e vibrare con i fuochi stessi, del tutto privi di interesse.
Consiglio ai cultori di questo tradizionale spettacolo di rifuggire i posti ufficiali dove la gente è invitata a recarsi per la fruizione degli stessi, ma cercarsi una collina defilata dove poter salvare capra e cavoli, magari con una esperienza visiva meno appagante, ma nel complesso più gratificante. Altrimenti pensate bene se andarci. Il nervoso potrebbe prevalere sulla meraviglia.

domenica 26 febbraio 2012

Diario dell’australiano Data australe 27 febbraio 2012


L’Australia sta col fiato sospeso, in attesa di oggi, quando ci sarà il redde rationem tra Julia Gillard e Kevin Rudd. Infatti la Primo ministro ha stabilito un ballottaggio fra i due per chiudere la storia andando alla conta. Per chi avesse perso la puntata precedente l’ex Primo Ministro e attuale Ministro degli Esteri (dimissionario), Rudd, ha sfidato la leadership dell’ex vice Primo Ministro e attuale Primo ministro, Gillard. Una lotta tutta interna ai laburisti che i liberali, riconoscenti, stanno a guardare. Manca solo che uno dei due inviti a votare l’opposizione poi il capolavoro suicida sarebbe completo. 
L’attesa è spasmodica, i TG hanno i servizi più variegati che spaziano da seri commentatori fino al netturbino, invitato anche lui a dire la sua in merito. Anche la nostra classe è stata contagiata dalla tenzone. La professoressa di grammatica e writing, ha lanciato un sondaggio live per tastare, per così dire, l’umore della popolazione. L’assemblea si è divisa a metà, con una buona fetta di astenuti che avevano l’aria di non sapere neppure di cosa stessimo parlando. In particolare la componente russa si è schierata con Rudd, i vietnamiti compatti si sono dichiarati per un “non so / non mi interessa”, mentre la parte latina (italia, Egitto, America Latina) per la Gillard. Alla fine l’assemblea ha decretato che vincerà Rudd, ma non credo che la nostra classe sia rappresentativa del paese, non foss’altro perché non c’è neppure un australiano.
Naturalmente gli Australiani ufficialmente sono schifati della situazione e dicono che questi due stanno mandando il paese in malora. Ma sotto sotto sono anche curiosi di vedere come andrà a finire, come gli italiani col calcio, che tutti, critici e schifati, seguono.

Siamo stati alla scuola di Daniel e Noemi per il colloquio con le maestre. Sono tutte molto contente delle nostre bestioline, che si stanno impegnando bene. Addirittura Daniel ha preso un award, una attestato di merito per l'impegno scolastico. Era orgogliosissimo del suo diploma, anche se ha confessato di aver capito che si trattava di una cosa bella solo quando gli hanno detto: "Compliment!"
Naturalmente non è che fai i colloqui e te ne vai; subito dopo hanno fatto il barbecue, con la maestra della Noemi che smerciava hot dog e panini, mentre la responsabile del corso d inglese stava alla cassa della discoteca, iniziata subito dopo.

Come già accennato ci sono due idee che gli australiani portano avanti con convinzione maniacale: la prima sono le precauzioni contro il sole e il melanoma, la seconda è il concetto di comunità, che tirano fuori come il prezzemolo.
Un corollario molto importante di questo concetto è quello del "Buy australian", cioè il caldo e pressante invito a comprare cose australiane. Il concetto è semplice e a prova di idiota: dietro a ogni cosa c'è qualcuno che la produce, delle materie prime, un indotto, una catena di vendita. Se dietro a tutti questi passaggi ci sono persone australiane, la comunità ne ha un beneficio in termini di occupazione,  di tasse e di economia.
Per facilitare la scelta esiste un bollino apposito, un logo di un canguro stilizzato su sfondo verde, ma non mancano scritte in ogni dove, "made / built / product in Australia", sempre enormi o in bella mostra, in modo che sia impossibile non notarle. Alla televisione passano appositi spot, con elencati motivi per cui comprare australiano e se non bastasse esistono anche siti come  www.ausbuy.com.au e www.buyaustralianmade.com.au  in cui vendono solo prodotti australiani doc.
La cosa è talmente sentita che hanno inventato un preciso sistema a 4 A . Se un prodotto ha 1 A vuol dire che il proprietario della ditta è australiano. Poca roba, poco merito. Si può far meglio.
Se un prodotto è AA vuol dire che è la ditta è australiana e lo hanno prodotto qui. Se ha AAA, oltre a quanto hanno usato materie prime sia australiane sia straniere. Se invece ha AAAA puoi mangiarne quanto vuoi, comprarne fino ad esaurimento scorte in quanto è fatto da Australiani, prodotto qui e con materie prime esclusivamente locali. Dio te ne renderà merito e forse anche la Regina
In almeno due supermercati qui a Canberra, ho visto cartelloni giganteschi che dichiarano quanto il supermercato ha fatto e sta facendo per la comunità locale; se ti arricchisci con soldi australiani, parte di questi devono tornare alla comunità sotto forma di donazioni. Sarebbe, come dire, una scortesia grave non farlo, una pessima idea per il tuo business. La tedesca Aldi (la nostra Lidle) non fa eccezione.
Il prodotto nazionale per eccellenza è la Vegemate, crema salata da spalmare sul pane. Ora è di proprietà della Kraft, ma sul tappo della confezione è precisato che è “proudly made in australia since 1923”, appunto,  “orgogliosamente”.

Devo dire che non trovo nulla di male in questo. Si tratta di un circolo virtuoso di ricchezza, lavoro, tasse e soprattutto ecologia in cui non vedo nessuna controindicazione.
Non ho mai capito perché in Italia non abbiamo mai fatto una campagna di sensibilizzazione simile, perché ce ne freghi così poco di dove finiscono i nostri soldi. Solo una volta ricordo di aver sentito un discorso simile, prima di Natale, quando Monti diceva di comprare regali "italiani". Proprio in questi tempi di crisi, potrebbe essere una idea interessante e che costa poco
Bisogna dire che agli australiani piace vincere facile. Essendo un continente, puoi comprare e mangiare solo australiano tutta la vita, senza che ti manchi niente, essendoci una varietà di frutta e verdura incredibile, compresa tutta quella europea.
 
Siamo stati al Camberra Show, la festa più importante della città, una specie di grossa festa patronale laica + luna park + fiera degli animali + fiera campionaria. Un sacco di gente e tante cose da vedere. Tralasciando il grande luna park, comunque degno di nota, segnalo la corsa dei maialini e la fiera degli animali. C'erano un sacco di mucche e tanti tori, dagli enormi genitali, ma senza corna. Poi cavalli, asini, pecore merino, alpaca, e i soliti stand in cui vendevano di tutto, dal cibo agli elettrodomestici, come i nostri “banchetti”.

C'è però una parte fondamentale di questa festa che non trovi nelle nostre fiere: i concorsi di prodotti fatti da privati, o da ditte, premiati per la loro eccellenza.
Vetrine di 10 metri di pane fatto in casa, scelti per il gusto, il colore, la fragranza o ogni altra minima particolarità. Espongono solo i prime tre classificati per ogni concorso, ma il risultato sono migliaia e migliaia di prodotti di ogni genere e specie.
La zucca più grande, le torte secche e quelle con panna o creme, i fiori recisi, le composizioni floreali, i prodotti con la carta, i lavori all'uncinetto, le maglie o le coperte, la balla di lana più bella, le bambole fatte a mano, le tovaglie, i drappi, i vestiti con materiale di riciclo, ecc. ecc.
Una enorme e bellissima gara che deve aver mobilitato migliaia di concorrenti da tutta l'Australia.
Accanto alle singole sezioni c'erano spesso laboratori in cui vecchiette ti insegnavano a fare l'uncinetto o i lavori con la carta. Vicino trovi anche la parte commerciale, spesso a tema, con tante cose in assaggio, quali frutta, succhi o spremute.
Devo dire che questa è stata gran lunga la cosa più interessante della fiera, malgrado i piccoli la pensassero diversamente e puntassero decisamente verso il luna park. Avendo tempo si può girare ore tra questi bizzarri prodotti, frutto di ingegno, pazienza e saperi antichi. Avendo tempo e magari essendo da soli.

Un'altra tradizione strana e assolutamente locale è la "bag show", delizia per i bambini e croce per gli adulti. Praticamente non funziona come da noi che il bambino vede un giocattolo nella bancarella e tu glielo  compri. Qui le bancarelle vendono delle borse "a tema", che so  di Harry Potter (Daniel ha preso questa), Scooby Doo, Ben Ten, Barbie,Pirati, ecc. e dentro ci sono cose inerenti al tema. Non è un acquisto al buio perché nello stand è esposto chiaramente il contenuto della stessa.
Lo strano sistema vale anche per le nocciole, le mandorle e caramelle, tipico cibo da bancarella anche da noi: non te ne puoi comprare un sacchettino, ma devi scegliere tra diverse "bag" a seconda di gusti e golosità. Spaziano dai 3 dollari fino a 30 a seconda di quantità, qualità e marca del contenuto.
La Maru ha comprato una bag da 20 $ di profumi di marca, nella versione "generica"; nel sacchetto ce n'erano 3 + una collanina omaggio. Strana usanza questa delle bag delle fiere...

Una volta ho sentito un sociologo che affermava che nei paesi dove è più forte il senso di appartenenza e di comunità, è più facile l’integrazione degli stranieri. Sembra un paradosso, ma nel Nord, nei paesini di montagna della Val d’Aosta o del Veneto, dove tutti parlano dialetto gli stranieri riuscirebbero ad entrare nel tessuto sociale più velocemente e profondamente di altrove, dove l’appartenenza è meno forte e più sfilacciata. Questo perché queste società si sentono più forti e hanno quindi poca o nessuna paura dello straniero, non lo vivono come una minaccia. Al contrario nelle città o dove manca il sentirsi parte di un sottobosco comune, dove magari manco conosci il vicino di casa, lo straniero rischia di esser visto come un pericolo e l’integrazione soccombe alla paura. Forse non è un caso che l’unico sindaco donna e nera sia leghista e di un paesino del bergamasco.
Forse non è neppure un caso che per tanti stranieri l’Australia sia il paese delle opportunità e molti riescano ad integrarsi perfettamente qui. Tante cose possono anche far ridere, come le mille bandierine il giorno dell’Australian Day, i  rodei, la gara dei tosatori di pecore, i campionati di freccette o certi energumeni con enormi pizzetti, che sembrano appena scesi da una Harley-Davidson. Quando poi finisci di sorridere, inizi a vedere che dietro c’è un profondo radicamento, un sincero senso di appartenenza, un orgoglio di essere australiani, vissuto e volentieri celebrato in ogni occasione. Queste persone così legate alla terra, alle proprie mucche, all'erba del giardino, ai loro gipponi e orribili cappelli, hanno costruito un società forte, ma capace come forse poche altre di entrare in relazione, senza paura e senza pregiudizi con lo straniero. Chapeau.

Nota: sono rimasto qualche minuto a osservare quelle strane confezioni. Sembravano sulle prime carrube, poi si poteva ipotizzare fossero liquirizie. Ipotesi molto fantasiosa, visto che le vendevano aromatizzate al chili, all’aglio o al peperoncino. Carne secca.
Protagonista fondamentale di tanti western o di fumetti di Tex Willer. Esiste. Non è un mito del passato o di tempi e terre lontane. La vendono e un tizio dietro di me alla corsa dei maialini, la masticava con gusto. La prossima volta me la compro.




mercoledì 22 febbraio 2012

Diario dell'australiano Data australe 22 febbraio 2012


Aggiornamento della situazione
I bambini vanno a scuola regolarmente. Il "nemico" di Daniel ha un nome "Danil", sembra sia russo e ora è diventato il suo migliore amico. Alla notizia è stato coperto di insulti dall'intera famiglia. Meno male che ce l'ha comunicato: io stavo già preparando la testa di cavallo da far trovare nel letto del giovine. Ho visto in un film che è una forma di comunicazione usata dagli italiani all'estero, per esprimere un leggero disappunto.
La Noemi evolve. Da due giorni sale sul pulmino e oggi scendendo ha pure detto "tank you" al guidante. Dai suoi racconti sembra ancora comunicare poco con i compagni, ma ha smesso di piangere e siamo contenti così. Anche la Anna è contenta; va a momenti, ma del resto crescendo aumenta la posta in palio, sia a livello di impegno che di relazioni.
La Maru ha finito il suo periodo di solo studio e da oggi la ditta l'ha mandata fissa da un cliente. Mi sembra contenta, fiduciosa e volenterosa di far bene, come mai l'ho vista. Quindi bene.
Io ho cominciato le mie lezioni di inglese. Siamo una classe di 11 - 12 elementi, tutti non australiani e sono l’unico italiano. Ci sono 3 russi, 3 vietnamiti, 1 colombiana, 1 coreano, 1 birmano, 1 cinese ed io.
Tutti insieme è un vero spasso, in quanto con tutti questi accenti capirsi è un delirio. Non di rado, quando penso stiano parlando tra loro in lingua madre, scopro molto dopo che invece stanno conversando in inglese. Ho già rischiato diverse volte figure barbine. Un disastro.
La prof mischia lezioni di lingua inglese con lezioni di educazione civica, sull'organizzazione politica australiana.
A precisa sua domanda ognuno ha detto se veniva o meno da un paese democratico.
Devo dire che è la prima volta che mi trovo di condividere così tanto tempo, buona parte di speranze e sogni, essere insomma tanto vicino e prossimo, con persone che non hanno mai conosciuto una vita in democrazia, che non sappiano cosa sia un voto o i diritti garantiti da una costituzione libera. Siamo tutti insieme, chiusi in una stanza e dire e fare le stesse cose, eppure veniamo da culture e storie così diverse e all'apparenza incomunicabili.
Chissà cosa significa per loro questa avventura Australiana, cosa gli dice al cuore, che sorprese gli regala e se anche loro scrivono un diario, annotando quello che notano di bello e strano. Nella mia vita mai avrei pensato di incontrare un birmano, di prendere per il culo la prof con un coreano o conoscere 3 vietnamiti. Ogni tanto  nella pausa vado a veder sulla cartina dove siano i diversi paesi, così per prendermene una vista e magari evitare dichiarazioni imbarazzanti.

Qui in Australia è un porto di mare, trovi veramente gente di ogni dove. Nel complesso funziona e ci sono un sacco di stranieri perfettamente integrati nella società, malgrado non sia facile mettere insieme tradizioni, costumi, credi e modi di intendere la vita tanto diversi.
Proprio per far fronte a questa complessa situazione in Australia hanno delle  strategie di comunicazione molto efficaci, capaci di raggiungere persone di ogni razza e nazione.
Primo: non dare nulla per scontato, credendo cioè che gli altri sentano e vedano le cose come noi.
Ad esempio sulle scale della mia scuola campeggia questo cartello: "se le scale sono bagnate, usate il passamano". Avvertimento che suona di per sé banale, anche perché è difficile ipotizzare un altro uso per quel tubo di ferro attaccato al muro che corre lungo le scale. Però per non saper né leggere né scrivere l'australiano ne precisa l'uso per evitare che qualcuno lo possa usare come attaccapanni o camminarci sopra, come un funambulo. Oppure rischi il collo sul bagnato.
In una pubblicazione per immigrati fatta dal governo, si legge a pagina 29 "solitamente gli australiani dicono "please" quando chiedono qualcosa e "thank you" quando qualcuno li aiuta o dà loro qualcosa. È considerato maleducazione non dire "please" o "thank'you. [.] Gli australiani dicono "excuse me" quando ruttano in pubblico o a casa di qualcuno. [.] La maggior parte degli australiani si soffia il naso utilizzando fazzoletti di stoffa o di carta e non direttamente per terra. Si usa lo stesso metodo anche per sputare. Molte persone dicono "bless you" quando qualcuno stranutisce ( questa la frase, che  letteralmente vuol dire "sii benedetto", non è usata con intento religioso). [.] È importante sapere che alcuni comportamenti non sono considerati solo scortesi, ma anche proibiti alla legge. Sono esempi di comportamenti offensivi bestemmiare e sputare in pubblico, defecare o urinare in qualsiasi posto che non sia un bagno pubblico o privato".
Quando ho letto la prima volta queste raccomandazioni mi veniva da ridere. Adesso ripenso ai tanti ragazzotti "marocchini" che pisciavano in ogni dove in Centro Storico a Genova e comincio a vedere il problema da una prospettiva diversa. Forse la questione non è che sono maleducati incurabili ma che noi non siamo capaci di fornir loro informazioni per che possano capire e li aiutino a  comportarsi. Non credo si possa ipotizzare che gli stranieri siano tutti maleducati di default. Forse diamo per scontate sensibilità e attenzioni che sono solo nostre.
Secondo: essere diretti. Ti interessa dire ai fumatori del pericolo cancro ai polmoni? Metti fotografie degli stessi, anneriti e marcescenti, su ogni pacchetto. Vuoi sensibilizzare sul pericolo del melanoma e i comportamenti per evitarlo? Sui giornali trovi frasi del tipo “Benvenuti in Australia, Capitale mondiale del melanoma”. Diretti e comprensibili.
Sul melanoma poi è una vera e propria crociata. Rispetto ad un australiano Dracula è un dilettante. Senza berretto ai bambini è fatta proibizione assoluta di uscire in cortile a ricreazione e in spiaggia hanno così tanta crema addosso da sembrare Pierot.
Sul giornale ogni giorno puoi trovare le previsioni del tempo, massima e minima e poi “l’u.v. index”, un numerino che ti dice la potenza dei raggi ultra violetti; oggi era 12, considerato “estreme” (a 15 praticamente sei fottuto, melanoma subito).
Capita che mentre guardi un film , tra la reclame improvvisamente compaia il viso felice di un giovine, in una sequenza di fotografie che lo ritraggono a scuola, a rugby, con gli amici e una voce fuori campo dica “John non credeva di poter prendere un melanoma, ma è morto a 24 anni”. La telecamera poi si ferma sui genitori, una maschera di dolore che ti guarda. Ti senti male e ti mandano in merda il resto del film. Ma lo capisci e ti resta impresso.
Perché il messaggio arrivi non rinunciano ad essere iettatori. Foto di un ragazzo al mare, petto nudo, tavola da surf, mare sullo sfondo. Ti aspetti una reclame della Coca Cola o di preservativi, invece la scritta dice “Condizioni perfette per un melanoma”. Oppure mentre guidi verso Canberra, sull’austrada trovi cartelli che recitano “la gente su queste strade, ci muore!”. Ci credo, perché passa il tempo a toccarsi, maledetti.

Tutto il mondo è paese. Se sei in piena nostalgia dell’Italia e della sua politica, accendi in telegiornale e segui la politica australiana: ti senti a casa. L’altra mattina ho seguito dei dibattiti dei parlamentari e quelli nostri, di Roma, sembrano educande.
Poi qui tira una brutta aria per il primo ministro, la signora Julia Gillard. Lei due anni fa era vice Primo Ministro, quando il partito laburista consigliò caldamente al Primo Ministro in carica, tale Kevin Rudd di dimettersi, in quanto i sondaggi davano il partito in caduta libera. Lo stesso partito chiese alla vice, Julia Gillard di prendere il suo posto e lei accettò diventando la prima donna Primo Ministro dell’Asutralia. Ora si è venuto a sapere che lei già 15 giorni prima delle dimissione di Rudd aveva già preparato il suo discorso di insediamento e che abbia collaborato con un certo entusiasmo alla sua defenestrazione. Il quale nel frattempo è il suo attuale Ministro degli Esteri, anzi proprio all’estero mentre qui infuriava la polemica su Julia. Oggi il ministro Rudd si è dimesso, dicendo che non intende stare in un tale governo (sottinteso con un tale Primo Ministro). Insomma una telenovela. Ora potrebbe succedere che il governo debba dimettersi e in caso di elezioni la destra dovrebbe avere vittoria facile. Insomma, si consoli Bersani, quanto a capacità masochistiche e suicide i laburisti sono bravi quasi quanto il PD.