Diario dell'australiano Data australe 16 febbraio 2012
La settimana x è cominciata, la settimana reale, di prove ufficiali, in
cui ognuno deve iniziare a fare sul serio. I bimbi a scuola , la Maru al
lavoro e io padrone della casa nell'insolita veste di cuoco e massaio.
I bimbi. Come si temeva l'inizio non è stato semplicissimo. Daniel è bravissimo, fa il suo senza lamentarsi, anche se è difficile essere catapultati in una classe senza avere strumenti per relazionarsi. Il primo giorno di scuola lo ha definito "un vero disastro" e ci ha informato di avere già alcuni amici e un nemico. L'affermazione meritava un approfondimento, così abbiamo scoperto che un tale, mezzo suo omonimo, confabulava con altri e, indicandolo, rideva. In realtà il giorno dopo c'è stata una rettifica: ad una successiva analisi ha scoperto che non è un nemico. Comunque racconta che giocano molto e che si parlano con "i nostri modi".
La Noemi invece fa la stessa fatica ma lo fa capire in modo molto più evidente, quasi esplosivo. Il primo giorno di scuola ha detto di aver avuto sempre mal di pancia e che quando lo ha detto alla maestra questa ha risposto "yes". Comunque si è lanciata in una serie di pianti quotidiani che stanno mettendo a dura prova, le pur pazienti maestre. La situazione è in fase di miglioramento: se ieri ha pianto tutto il giorno, oggi solo 3 volte.
Ha invece sviluppato una specie di terrore nei confronti del "guidante" del bus scolastico che li viene a prendere e portare. Trattasi di un vecchietto, invero dall'aspetto per nulla socievole, su cui ha catalizzato tutte le frustrazioni e le fatiche di questo inizio. Daniel non condivide lo stesso tipo di terrore, anche se dice che trattasi di personaggio alquanto strano, che mentre guida emette dei versi incomprensibili e ogni tanto con voce carnosa pronuncia ad alta voce un acuto, simile a "maya!". Lui ride, ma non capisce se si tratta di persona in carne e ossa, qualche bambina che debba scendere o faccia casino, una sorta di tic, un insulto rivolto a qualche altro automobilista o una protesta per la prossima fine del mondo. La Noemi non ride e oggi progettava di farsi tutto il viaggio fino a scuola sulle gambe di Daniel.
Anna va bene, la scuola la appassiona, ma essendosi inserita praticamente in un corso alla pari con le coetanee, il gioco comincia a farsi duro.
La fregatura, per lei come per Daniel, è che non puoi permetterti di abbassare la guardia, se non vuoi correre il rischio di prendere clamorose cantonate o restare indietro. Per cui la soglia dell'attenzione è sempre alta e torna a casa molto stanca.
Io domani comincio la mia scuola di inglese e sono contento, molto contento. Da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 13, eccetto il mercoledì. Non che mi dispiaccia fare il casalingo, né possono lamentarsi, credo, della mia cucina, ma sento il bisogno di cominciare a piantare dei paletti e muovermi verso qualcosa.
C'è stato poi un segno, un segnale che è giunto il momento di passare alla fase successiva, con determinazione e urgenza.
È necessaria una premessa per spiegare l'enorme rischio esistenziale che ho corso.
De Andrè da una bellissima definizione di razzismo, nella canzone Korakanè, quando dice che questo nasce "quando un uomo ti guarda e non si riconosce", quando cioè in te non c'è proprio nulla in cui possa rispecchiarsi, trovare una appartenenza, qualcosa che gli somigli.
Forse per questo negli asili c'è pochissimo razzismo, anzi ci sono spesso rapporti amichevoli tra genitori, in quanto facilmente ti riconosci nella reciproca e fresca esperienza di genitorialità. Prima che essere bianchi, neri o gialli, si è mamme o padri (in quegli ambienti perdi nome e cognome, storia e fedina penale, ma sei solo "mamma di" o "padre di"), perchè le differenze vengono meno rispetto al forte riconoscimento reciproco. Succede anche negli ospedali o ai concerti, dove una esperienza forte e profonda crea una relazione che supera le età, le razze e il censo.
Similmente dietro alcune di nostri slanci di solidarietà si nasconde la consapevolezza che la sorte di tanti sfortunati non è del tutto estranea a noi stessi, come una malattia a cui siamo definitivamente immuni perché vaccinati. Per esempio, nessuno può essere del tutto sicuro di non ritrovarsi un giorno barbone, alcolizzato o, che ne so, tossico. Forse anche questi pensavano di essere fuori pericolo, ma per strani giochi del destino, debolezze personali, circostanze sfortunate sono caduti in queste misere situazioni. Quindi verso queste persone è possibile trovare punti di immedesimazione, anche teorica, pur non condividendone realmente la sorte.
Forse nel campo dei gusti sessuali è difficile provare questa empatia. Per un eterosessuale è impossibile immaginarsi omosessuale e si è portati ad escludere categoricamente la possibilità di cambiare orientamento nel futuro. Lo stesso naturalmente vale per un omosessuale nei confronti della eterosessualità. Forse questa impossibilità di trovare un punto di riconoscimento, di condividere uno specifico destino, ha contribuito a rendere così facile e diffusa la discriminazione nei confronti degli omosessuali.
Esistono altre cose sulle quali sono certo di non poter cambiare gusti o idee, perché comporterebbe un tale snaturamento da non rendermi riconoscibile a me stesso. Che ne so, non diventerò mai un appassionato di cricket, un frequentatore di discoteche, un uomo politicamente destrorso, un leghista. Tutte cose belle per chi le sente sue, ma che non potrei abbracciare senza perdermi o perdere buona parte dell'attuale me.
Ci sono però alcuni momenti storici, terre di mezzo tra un prima e un dopo, fasi in cui fremi, ma devi avere pazienza perchè ci sono pezzi che devono andare a posto. In questi momenti di giorni tutti uguali, di corsa sul posto e affaccendamento inoperoso, devi tenere alta la guardia perchè il rischio di perdersi è altissimo.
Io ci sono andato vicinissimo. Lo dico con vergogna, ma volentieri racconto la mia esperienza perchè potrebbe succedere anche a voi. Nessuno escluso. Fatene preziosa memoria. Per me è stato il segno che i tempi sono maturi per un deciso passo in avanti.
Ero in macchina, con Noemi e stavo andando a prendere la Maru. Ascoltavo una radio che due volte al giorno fa programmi in lingua italiana; di solito parlano di problemi di previdenza, cittadinanza o pubblicizzano incontri o feste italiane in Australia.
Nel mezzo ci ficcano canzoni di Mino Reitano, Albano o similari. Stavano trasmettendo "L'italiano" di Toto Cutugno.
Sarà stato il caldo, la fretta, lo stress per la guida a sinistra, la sindrome da emigrato in terra straniera, ma a un certo ho sentito me stesso pensare "guarda un po', che bella canzone!" è stato un attimo, il tempo di un brivido lungo la schiena, una frazione di secondo in cui ho visto l'abisso della disperazione, il punto di non ritorno.
Ora sto bene, stamattina ho ascoltato Ligabue e De Andrè e mi hanno dato molto, come sempre. Tenete alta la guardia, la bestia è sempre accovacciata al vostro fianco...
I bimbi. Come si temeva l'inizio non è stato semplicissimo. Daniel è bravissimo, fa il suo senza lamentarsi, anche se è difficile essere catapultati in una classe senza avere strumenti per relazionarsi. Il primo giorno di scuola lo ha definito "un vero disastro" e ci ha informato di avere già alcuni amici e un nemico. L'affermazione meritava un approfondimento, così abbiamo scoperto che un tale, mezzo suo omonimo, confabulava con altri e, indicandolo, rideva. In realtà il giorno dopo c'è stata una rettifica: ad una successiva analisi ha scoperto che non è un nemico. Comunque racconta che giocano molto e che si parlano con "i nostri modi".
La Noemi invece fa la stessa fatica ma lo fa capire in modo molto più evidente, quasi esplosivo. Il primo giorno di scuola ha detto di aver avuto sempre mal di pancia e che quando lo ha detto alla maestra questa ha risposto "yes". Comunque si è lanciata in una serie di pianti quotidiani che stanno mettendo a dura prova, le pur pazienti maestre. La situazione è in fase di miglioramento: se ieri ha pianto tutto il giorno, oggi solo 3 volte.
Ha invece sviluppato una specie di terrore nei confronti del "guidante" del bus scolastico che li viene a prendere e portare. Trattasi di un vecchietto, invero dall'aspetto per nulla socievole, su cui ha catalizzato tutte le frustrazioni e le fatiche di questo inizio. Daniel non condivide lo stesso tipo di terrore, anche se dice che trattasi di personaggio alquanto strano, che mentre guida emette dei versi incomprensibili e ogni tanto con voce carnosa pronuncia ad alta voce un acuto, simile a "maya!". Lui ride, ma non capisce se si tratta di persona in carne e ossa, qualche bambina che debba scendere o faccia casino, una sorta di tic, un insulto rivolto a qualche altro automobilista o una protesta per la prossima fine del mondo. La Noemi non ride e oggi progettava di farsi tutto il viaggio fino a scuola sulle gambe di Daniel.
Anna va bene, la scuola la appassiona, ma essendosi inserita praticamente in un corso alla pari con le coetanee, il gioco comincia a farsi duro.
La fregatura, per lei come per Daniel, è che non puoi permetterti di abbassare la guardia, se non vuoi correre il rischio di prendere clamorose cantonate o restare indietro. Per cui la soglia dell'attenzione è sempre alta e torna a casa molto stanca.
Io domani comincio la mia scuola di inglese e sono contento, molto contento. Da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 13, eccetto il mercoledì. Non che mi dispiaccia fare il casalingo, né possono lamentarsi, credo, della mia cucina, ma sento il bisogno di cominciare a piantare dei paletti e muovermi verso qualcosa.
C'è stato poi un segno, un segnale che è giunto il momento di passare alla fase successiva, con determinazione e urgenza.
È necessaria una premessa per spiegare l'enorme rischio esistenziale che ho corso.
De Andrè da una bellissima definizione di razzismo, nella canzone Korakanè, quando dice che questo nasce "quando un uomo ti guarda e non si riconosce", quando cioè in te non c'è proprio nulla in cui possa rispecchiarsi, trovare una appartenenza, qualcosa che gli somigli.
Forse per questo negli asili c'è pochissimo razzismo, anzi ci sono spesso rapporti amichevoli tra genitori, in quanto facilmente ti riconosci nella reciproca e fresca esperienza di genitorialità. Prima che essere bianchi, neri o gialli, si è mamme o padri (in quegli ambienti perdi nome e cognome, storia e fedina penale, ma sei solo "mamma di" o "padre di"), perchè le differenze vengono meno rispetto al forte riconoscimento reciproco. Succede anche negli ospedali o ai concerti, dove una esperienza forte e profonda crea una relazione che supera le età, le razze e il censo.
Similmente dietro alcune di nostri slanci di solidarietà si nasconde la consapevolezza che la sorte di tanti sfortunati non è del tutto estranea a noi stessi, come una malattia a cui siamo definitivamente immuni perché vaccinati. Per esempio, nessuno può essere del tutto sicuro di non ritrovarsi un giorno barbone, alcolizzato o, che ne so, tossico. Forse anche questi pensavano di essere fuori pericolo, ma per strani giochi del destino, debolezze personali, circostanze sfortunate sono caduti in queste misere situazioni. Quindi verso queste persone è possibile trovare punti di immedesimazione, anche teorica, pur non condividendone realmente la sorte.
Forse nel campo dei gusti sessuali è difficile provare questa empatia. Per un eterosessuale è impossibile immaginarsi omosessuale e si è portati ad escludere categoricamente la possibilità di cambiare orientamento nel futuro. Lo stesso naturalmente vale per un omosessuale nei confronti della eterosessualità. Forse questa impossibilità di trovare un punto di riconoscimento, di condividere uno specifico destino, ha contribuito a rendere così facile e diffusa la discriminazione nei confronti degli omosessuali.
Esistono altre cose sulle quali sono certo di non poter cambiare gusti o idee, perché comporterebbe un tale snaturamento da non rendermi riconoscibile a me stesso. Che ne so, non diventerò mai un appassionato di cricket, un frequentatore di discoteche, un uomo politicamente destrorso, un leghista. Tutte cose belle per chi le sente sue, ma che non potrei abbracciare senza perdermi o perdere buona parte dell'attuale me.
Ci sono però alcuni momenti storici, terre di mezzo tra un prima e un dopo, fasi in cui fremi, ma devi avere pazienza perchè ci sono pezzi che devono andare a posto. In questi momenti di giorni tutti uguali, di corsa sul posto e affaccendamento inoperoso, devi tenere alta la guardia perchè il rischio di perdersi è altissimo.
Io ci sono andato vicinissimo. Lo dico con vergogna, ma volentieri racconto la mia esperienza perchè potrebbe succedere anche a voi. Nessuno escluso. Fatene preziosa memoria. Per me è stato il segno che i tempi sono maturi per un deciso passo in avanti.
Ero in macchina, con Noemi e stavo andando a prendere la Maru. Ascoltavo una radio che due volte al giorno fa programmi in lingua italiana; di solito parlano di problemi di previdenza, cittadinanza o pubblicizzano incontri o feste italiane in Australia.
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Ora sto bene, stamattina ho ascoltato Ligabue e De Andrè e mi hanno dato molto, come sempre. Tenete alta la guardia, la bestia è sempre accovacciata al vostro fianco...
2 Commenti:
Impareggiabile! Buona scuola di English! ciao Marialuisa
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