Diario dell'australiano Data australe 20 gennaio 2012
Gli Australiani sono civili al limite della paranoia. Ogni volta che
sono in un contesto sociale sono molto attenti a non calpestare o
limitare i diritti altrui, compresi quelli presunti. È tutto un fiorire
di "sorry" e "thank you". Chi arriva dal Bel Paese resta incantato da
tanta civiltà.
Devo dire che certi atteggiamenti mi sembrano un po' sospetti, ma il tutto alla fine appare gradevole e mezzo paradisiaco.
Avete presente il nostro autista di autobus? A Genova è una figura
buona al massimo per gli insulti, quando inchioda o peggio stritola
qualcuno tra le porte alle fermate. Per il resto nessuno se lo fila, non
ha sembianze umane, nemmeno buono per un buon giorno entrando. Qui
invece le gente si fa tutto l'autobus per poterlo omaggiare all'uscita,
compresi ragazzi e adolescenti, quasi che arrivare sani e salvi comporti
grande riconoscenza o fossero tutti autostoppisti grati per aver
viaggiato ad ufo. L'ho anche pensato, ma qui viaggiare senza biglietto è
un peccato sociale gravissimo, per cui non possono essere tutti allegri
portoghesi.
Quando entri in un negozio sembra che incontrino un
amico d'infanzia, frasone lunghe e sinceri sorrisi di benvenuto. Non ho
ben capito cosa mi dicano, ma sono certo non sia il classico striminzito
"buongiorno". Anche nei centri commerciali, come ad esempio quelli di
elettronica, non esiste che tu possa vagare, facendoti gli affari tuoi e
curiosando in giro. Se ti vedono abbandonato e solitario fra i prodotti
subito vengono a chiederti se possono fare qualcosa per te o in che
modo possano esserti utili. Una gran rottura insomma.
Tanta civiltà rischia l'ossessione.
Il paradiso delle ansie civili e sociali australiane è la piscina.
Trattasi di strutture in cui trovi una media di un migliaio di persone,
di ogni sesso ed estrazione sociale. Ogni piscina, scivolo o pozzanghera
di media grandezza è sorvegliata da uno o due bagnini, armati di
fischietto e trasmittente.
Malgrado questo dispiegamento di forze tu
ti muovi circondato da cartelli che suggeriscono o meglio ordinano cosa
devi o non devi fare: non correre,attenzione acqua bassa, attenzione
acqua profonda, non correre, pavimento umido puoi scivolare, non
tuffarti, attento al gradino, non correre. Non puoi fare un metro, senza
che un cartello non ti suggerisca cose, per lo più ovvie o almeno
dettate dal più elementare buon senso.
C'è poi un cartello che ha
realmente le caratteristiche dell'ossessione. Ovunque, sei circondato
dalla scritta: keepwatch. Papà sorrridenti con un figlio avvinghiato al
collo o una mamma con il pargolo in braccio, ti ricordano di sorvegliare
sempre (always, always, always) i tuoi figli. Mancano solo gli uomini
sandwich poi c'è tutto: cartelli, scritte sui muri, magliette,
striscioni e treppiedi in mezzo al cammino. C'è pure un sito internet
ampiamente pubblicizzato www.keepwatch.com.au
che devi assolutamente visitare per capire quanto sia importante
sorvegliare i bambini in piscina. Ma che cosa ci sarà mai in questo
sito?
Ho pensato che gli australiani possano essere
particolarmente distratti oppure che appena vedono l'acqua, come certi
cani, gli prende l'ossessione e dimenticano patria e famiglia. In Italia
non abbiamo tutto questo bombardamento mediatico ma non mi risulta che
le nostre piscine siano luogo di mattanza infantile.
Il
problema è che quando sei lì soccombi, ti adegui, come tutti gli altri
genitori gironzoli a stretto contatto dei tuoi figli, che potrebbero
anche annegare nella piscina da 80 cm. È tutto irrazionale, lo sai però
lo fai anche tu, sotto lo sguardo vigile e severo dei bagnini che non si
chiamano bagnini ma guarda-vita, come del resto la piscina non è una
piscina ma un luogo in cui la vita la rischi a ogni piè sospinto.
Anche nella piscina da 30 cm, dove in teoria la Noemi non dovrebbe
neppure più stare stai a disagio sul bordo, con il dubbio di dover
invece scendere e spiaggiarti in quel poco d'acqua per essere un buon
genitore.
A un certo punto, ho mollato il controllo dei pargoli a
Marussia, per andare al cesso. A circa 5 metri dal cesso per uomini,
c'era un cartello che diceva: "sai chi stia guardando i tuoi figli
now?". Avrei voluto scriverci: "nessuno, mi stavo piscinando addosso e
li ho affogati direttamente io", ma mi sono trattenuto.
Comunque,
come dicevo, al netto di qualche esagerazione, il risultato è piacevole.
Hai la sensazione ad esempio che non esistano lavori percepiti come
inferiori o umilianti. Quando incroci e chiedi una informazione a uno
che sta pulendo per terra, ti risponde con la stessa cortesia e calore
della cameriera o la bancaria. Sono tutti moderatamente entusiasti ma
non finti, gentili senza essere unti.
Proseguo con Daniel la
nostra sofferta conoscenza del cibo locale. Se non sapete la lingua non
prendete la pizza o almeno buttatevi nella vegetariana, che da meno
sorprese. Quella della Maru, rigorosamente vegetariana era quasi
mangiabile, se non facevi caso a una strana sostanza, tipo pasta
dentrificia, di colore verde forforescente, che guarniva tutta la
superfice della medesima. La mia sulla carta era una pizza alla carne,
solo che al posto del pomodoro c'era il ketchup. Per riuscire a
mangiarla dovevi chiudere gli occhi e pensare di essere da Mac Donald's,
con un hamburger in mano. Praticamente era come se avessero fatto un
barbecue e poi adagiato la carne sulla pasta della pizza. Cmq l'ho anche
finita. La pizza specialità locale è quella con l'ananas per cui
massima attenzione.
Un plauso incondizionato alla cucina
thialandese, ristorante Yiara a Sydney. Di solito in questi posti è un
terno al lotto: piatti sconosciuti con ingredienti neppure sospettati in
natura. Non puoi quindi credere che vada di culo a tutti, per cui
ognuno per sè a sperare che il piatto scelto, in questa roulette russa
collettiva, sia almeno commestibile.
Invece in questo posto non solo
la mia portata era ottima, mai i piatti di tutti erano squisiti e
abbondanti. Un insieme di gusti armonico e anche di colori vivaci,
compreso il verde del basilico, usato come guarnizione.
Una sola
raccomandazione, non domandatevi se i i peperoni siano dolci, o picchino
solo quelli rossi. Mangiateli coscienti che è un punto di non ritorno e
solo se certi di avere origini calabresi, anche lontane.
P.s. Siamo ancora senza internet a casa, per cui niente skype e comunicazione al minimo.
postato da Pseudo @ 14:22
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