lunedì 13 febbraio 2012

Diario dell'australiano Data australe 20 gennaio 2012

Gli Australiani sono civili al limite della paranoia. Ogni volta che sono in un contesto sociale sono molto attenti a non calpestare o limitare i diritti altrui, compresi quelli presunti. È tutto un fiorire di "sorry" e "thank you". Chi arriva dal Bel Paese resta incantato da tanta civiltà.
Devo dire che certi atteggiamenti mi sembrano un po' sospetti, ma il tutto alla fine appare gradevole e mezzo paradisiaco.
Avete presente il nostro autista di autobus? A Genova è una figura buona al massimo per gli insulti, quando inchioda o peggio stritola qualcuno tra le porte alle fermate. Per il resto nessuno se lo fila, non ha sembianze umane, nemmeno buono per un buon giorno entrando. Qui invece le gente si fa tutto l'autobus per poterlo omaggiare all'uscita, compresi ragazzi e adolescenti, quasi che arrivare sani e salvi comporti grande riconoscenza o fossero tutti autostoppisti grati per aver viaggiato ad ufo. L'ho anche pensato, ma qui viaggiare senza biglietto è un peccato sociale gravissimo, per cui non possono essere tutti allegri portoghesi.
Quando entri in un negozio sembra che incontrino un amico d'infanzia, frasone lunghe e sinceri sorrisi di benvenuto. Non ho ben capito cosa mi dicano, ma sono certo non sia il classico striminzito "buongiorno". Anche nei centri commerciali, come ad esempio quelli di elettronica, non esiste che tu possa vagare, facendoti gli affari tuoi e curiosando in giro. Se ti vedono abbandonato e solitario fra i prodotti subito vengono a chiederti se possono fare qualcosa per te o in che modo possano esserti utili. Una gran rottura insomma.
Tanta civiltà rischia l'ossessione.
Il paradiso delle ansie civili e sociali australiane è la piscina. Trattasi di strutture in cui trovi una media di un migliaio di persone, di ogni sesso ed estrazione sociale. Ogni piscina, scivolo o pozzanghera di media grandezza è sorvegliata da uno o due bagnini, armati di fischietto e trasmittente.
Malgrado questo dispiegamento di forze tu ti muovi circondato da cartelli che suggeriscono o meglio ordinano cosa devi o non devi fare: non correre,attenzione acqua bassa, attenzione acqua profonda, non correre, pavimento umido puoi scivolare, non tuffarti, attento al gradino, non correre. Non puoi fare un metro, senza che un cartello non ti suggerisca cose, per lo più ovvie o almeno dettate dal più elementare buon senso.
C'è poi un cartello che ha realmente le caratteristiche dell'ossessione. Ovunque, sei circondato dalla scritta: keepwatch. Papà sorrridenti con un figlio avvinghiato al collo o una mamma con il pargolo in braccio, ti ricordano di sorvegliare sempre (always, always, always) i tuoi figli. Mancano solo gli uomini sandwich poi c'è tutto: cartelli, scritte sui muri, magliette, striscioni e treppiedi in mezzo al cammino. C'è pure un sito internet ampiamente pubblicizzato www.keepwatch.com.au che devi assolutamente visitare per capire quanto sia importante sorvegliare i bambini in piscina. Ma che cosa ci sarà mai in questo sito?

Ho pensato che gli australiani possano essere particolarmente distratti oppure che appena vedono l'acqua, come certi cani, gli prende l'ossessione e dimenticano patria e famiglia. In Italia non abbiamo tutto questo bombardamento mediatico ma non mi risulta che le nostre piscine siano luogo di mattanza infantile.

Il problema è che quando sei lì soccombi, ti adegui, come tutti gli altri genitori gironzoli a stretto contatto dei tuoi figli, che potrebbero anche annegare nella piscina da 80 cm. È tutto irrazionale, lo sai però lo fai anche tu, sotto lo sguardo vigile e severo dei bagnini che non si chiamano bagnini ma guarda-vita, come del resto la piscina non è una piscina ma un luogo in cui la vita la rischi a ogni piè sospinto.
Anche nella piscina da 30 cm, dove in teoria la Noemi non dovrebbe neppure più stare stai a disagio sul bordo, con il dubbio di dover invece scendere e spiaggiarti in quel poco d'acqua per essere un buon genitore.
A un certo punto, ho mollato il controllo dei pargoli a Marussia, per andare al cesso. A circa 5 metri dal cesso per uomini, c'era un cartello che diceva: "sai chi stia guardando i tuoi figli now?". Avrei voluto scriverci: "nessuno, mi stavo piscinando addosso e li ho affogati direttamente io", ma mi sono trattenuto.
Comunque, come dicevo, al netto di qualche esagerazione, il risultato è piacevole. Hai la sensazione ad esempio che non esistano lavori percepiti come inferiori o umilianti. Quando incroci e chiedi una informazione a uno che sta pulendo per terra, ti risponde con la stessa cortesia e calore della cameriera o la bancaria. Sono tutti moderatamente entusiasti ma non finti, gentili senza essere unti.

Proseguo con Daniel la nostra sofferta conoscenza del cibo locale. Se non sapete la lingua non prendete la pizza o almeno buttatevi nella vegetariana, che da meno sorprese. Quella della Maru, rigorosamente vegetariana era quasi mangiabile, se non facevi caso a una strana sostanza, tipo pasta dentrificia, di colore verde forforescente, che guarniva tutta la superfice della medesima. La mia sulla carta era una pizza alla carne, solo che al posto del pomodoro c'era il ketchup. Per riuscire a mangiarla dovevi chiudere gli occhi e pensare di essere da Mac Donald's, con un hamburger in mano. Praticamente era come se avessero fatto un barbecue e poi adagiato la carne sulla pasta della pizza. Cmq l'ho anche finita. La pizza specialità locale è quella con l'ananas per cui massima attenzione.
Un plauso incondizionato alla cucina thialandese, ristorante Yiara a Sydney. Di solito in questi posti è un terno al lotto: piatti sconosciuti con ingredienti neppure sospettati in natura. Non puoi quindi credere che vada di culo a tutti, per cui ognuno per sè a sperare che il piatto scelto, in questa roulette russa collettiva, sia almeno commestibile.
Invece in questo posto non solo la mia portata era ottima, mai i piatti di tutti erano squisiti e abbondanti. Un insieme di gusti armonico e anche di colori vivaci, compreso il verde del basilico, usato come guarnizione.
Una sola raccomandazione, non domandatevi se i i peperoni siano dolci, o picchino solo quelli rossi. Mangiateli coscienti che è un punto di non ritorno e solo se certi di avere origini calabresi, anche lontane.

P.s. Siamo ancora senza internet a casa, per cui niente skype e comunicazione al minimo.

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