Pagine

domenica 26 febbraio 2012

Diario dell’australiano Data australe 27 febbraio 2012


L’Australia sta col fiato sospeso, in attesa di oggi, quando ci sarà il redde rationem tra Julia Gillard e Kevin Rudd. Infatti la Primo ministro ha stabilito un ballottaggio fra i due per chiudere la storia andando alla conta. Per chi avesse perso la puntata precedente l’ex Primo Ministro e attuale Ministro degli Esteri (dimissionario), Rudd, ha sfidato la leadership dell’ex vice Primo Ministro e attuale Primo ministro, Gillard. Una lotta tutta interna ai laburisti che i liberali, riconoscenti, stanno a guardare. Manca solo che uno dei due inviti a votare l’opposizione poi il capolavoro suicida sarebbe completo. 
L’attesa è spasmodica, i TG hanno i servizi più variegati che spaziano da seri commentatori fino al netturbino, invitato anche lui a dire la sua in merito. Anche la nostra classe è stata contagiata dalla tenzone. La professoressa di grammatica e writing, ha lanciato un sondaggio live per tastare, per così dire, l’umore della popolazione. L’assemblea si è divisa a metà, con una buona fetta di astenuti che avevano l’aria di non sapere neppure di cosa stessimo parlando. In particolare la componente russa si è schierata con Rudd, i vietnamiti compatti si sono dichiarati per un “non so / non mi interessa”, mentre la parte latina (italia, Egitto, America Latina) per la Gillard. Alla fine l’assemblea ha decretato che vincerà Rudd, ma non credo che la nostra classe sia rappresentativa del paese, non foss’altro perché non c’è neppure un australiano.
Naturalmente gli Australiani ufficialmente sono schifati della situazione e dicono che questi due stanno mandando il paese in malora. Ma sotto sotto sono anche curiosi di vedere come andrà a finire, come gli italiani col calcio, che tutti, critici e schifati, seguono.

Siamo stati alla scuola di Daniel e Noemi per il colloquio con le maestre. Sono tutte molto contente delle nostre bestioline, che si stanno impegnando bene. Addirittura Daniel ha preso un award, una attestato di merito per l'impegno scolastico. Era orgogliosissimo del suo diploma, anche se ha confessato di aver capito che si trattava di una cosa bella solo quando gli hanno detto: "Compliment!"
Naturalmente non è che fai i colloqui e te ne vai; subito dopo hanno fatto il barbecue, con la maestra della Noemi che smerciava hot dog e panini, mentre la responsabile del corso d inglese stava alla cassa della discoteca, iniziata subito dopo.

Come già accennato ci sono due idee che gli australiani portano avanti con convinzione maniacale: la prima sono le precauzioni contro il sole e il melanoma, la seconda è il concetto di comunità, che tirano fuori come il prezzemolo.
Un corollario molto importante di questo concetto è quello del "Buy australian", cioè il caldo e pressante invito a comprare cose australiane. Il concetto è semplice e a prova di idiota: dietro a ogni cosa c'è qualcuno che la produce, delle materie prime, un indotto, una catena di vendita. Se dietro a tutti questi passaggi ci sono persone australiane, la comunità ne ha un beneficio in termini di occupazione,  di tasse e di economia.
Per facilitare la scelta esiste un bollino apposito, un logo di un canguro stilizzato su sfondo verde, ma non mancano scritte in ogni dove, "made / built / product in Australia", sempre enormi o in bella mostra, in modo che sia impossibile non notarle. Alla televisione passano appositi spot, con elencati motivi per cui comprare australiano e se non bastasse esistono anche siti come  www.ausbuy.com.au e www.buyaustralianmade.com.au  in cui vendono solo prodotti australiani doc.
La cosa è talmente sentita che hanno inventato un preciso sistema a 4 A . Se un prodotto ha 1 A vuol dire che il proprietario della ditta è australiano. Poca roba, poco merito. Si può far meglio.
Se un prodotto è AA vuol dire che è la ditta è australiana e lo hanno prodotto qui. Se ha AAA, oltre a quanto hanno usato materie prime sia australiane sia straniere. Se invece ha AAAA puoi mangiarne quanto vuoi, comprarne fino ad esaurimento scorte in quanto è fatto da Australiani, prodotto qui e con materie prime esclusivamente locali. Dio te ne renderà merito e forse anche la Regina
In almeno due supermercati qui a Canberra, ho visto cartelloni giganteschi che dichiarano quanto il supermercato ha fatto e sta facendo per la comunità locale; se ti arricchisci con soldi australiani, parte di questi devono tornare alla comunità sotto forma di donazioni. Sarebbe, come dire, una scortesia grave non farlo, una pessima idea per il tuo business. La tedesca Aldi (la nostra Lidle) non fa eccezione.
Il prodotto nazionale per eccellenza è la Vegemate, crema salata da spalmare sul pane. Ora è di proprietà della Kraft, ma sul tappo della confezione è precisato che è “proudly made in australia since 1923”, appunto,  “orgogliosamente”.

Devo dire che non trovo nulla di male in questo. Si tratta di un circolo virtuoso di ricchezza, lavoro, tasse e soprattutto ecologia in cui non vedo nessuna controindicazione.
Non ho mai capito perché in Italia non abbiamo mai fatto una campagna di sensibilizzazione simile, perché ce ne freghi così poco di dove finiscono i nostri soldi. Solo una volta ricordo di aver sentito un discorso simile, prima di Natale, quando Monti diceva di comprare regali "italiani". Proprio in questi tempi di crisi, potrebbe essere una idea interessante e che costa poco
Bisogna dire che agli australiani piace vincere facile. Essendo un continente, puoi comprare e mangiare solo australiano tutta la vita, senza che ti manchi niente, essendoci una varietà di frutta e verdura incredibile, compresa tutta quella europea.
 
Siamo stati al Camberra Show, la festa più importante della città, una specie di grossa festa patronale laica + luna park + fiera degli animali + fiera campionaria. Un sacco di gente e tante cose da vedere. Tralasciando il grande luna park, comunque degno di nota, segnalo la corsa dei maialini e la fiera degli animali. C'erano un sacco di mucche e tanti tori, dagli enormi genitali, ma senza corna. Poi cavalli, asini, pecore merino, alpaca, e i soliti stand in cui vendevano di tutto, dal cibo agli elettrodomestici, come i nostri “banchetti”.

C'è però una parte fondamentale di questa festa che non trovi nelle nostre fiere: i concorsi di prodotti fatti da privati, o da ditte, premiati per la loro eccellenza.
Vetrine di 10 metri di pane fatto in casa, scelti per il gusto, il colore, la fragranza o ogni altra minima particolarità. Espongono solo i prime tre classificati per ogni concorso, ma il risultato sono migliaia e migliaia di prodotti di ogni genere e specie.
La zucca più grande, le torte secche e quelle con panna o creme, i fiori recisi, le composizioni floreali, i prodotti con la carta, i lavori all'uncinetto, le maglie o le coperte, la balla di lana più bella, le bambole fatte a mano, le tovaglie, i drappi, i vestiti con materiale di riciclo, ecc. ecc.
Una enorme e bellissima gara che deve aver mobilitato migliaia di concorrenti da tutta l'Australia.
Accanto alle singole sezioni c'erano spesso laboratori in cui vecchiette ti insegnavano a fare l'uncinetto o i lavori con la carta. Vicino trovi anche la parte commerciale, spesso a tema, con tante cose in assaggio, quali frutta, succhi o spremute.
Devo dire che questa è stata gran lunga la cosa più interessante della fiera, malgrado i piccoli la pensassero diversamente e puntassero decisamente verso il luna park. Avendo tempo si può girare ore tra questi bizzarri prodotti, frutto di ingegno, pazienza e saperi antichi. Avendo tempo e magari essendo da soli.

Un'altra tradizione strana e assolutamente locale è la "bag show", delizia per i bambini e croce per gli adulti. Praticamente non funziona come da noi che il bambino vede un giocattolo nella bancarella e tu glielo  compri. Qui le bancarelle vendono delle borse "a tema", che so  di Harry Potter (Daniel ha preso questa), Scooby Doo, Ben Ten, Barbie,Pirati, ecc. e dentro ci sono cose inerenti al tema. Non è un acquisto al buio perché nello stand è esposto chiaramente il contenuto della stessa.
Lo strano sistema vale anche per le nocciole, le mandorle e caramelle, tipico cibo da bancarella anche da noi: non te ne puoi comprare un sacchettino, ma devi scegliere tra diverse "bag" a seconda di gusti e golosità. Spaziano dai 3 dollari fino a 30 a seconda di quantità, qualità e marca del contenuto.
La Maru ha comprato una bag da 20 $ di profumi di marca, nella versione "generica"; nel sacchetto ce n'erano 3 + una collanina omaggio. Strana usanza questa delle bag delle fiere...

Una volta ho sentito un sociologo che affermava che nei paesi dove è più forte il senso di appartenenza e di comunità, è più facile l’integrazione degli stranieri. Sembra un paradosso, ma nel Nord, nei paesini di montagna della Val d’Aosta o del Veneto, dove tutti parlano dialetto gli stranieri riuscirebbero ad entrare nel tessuto sociale più velocemente e profondamente di altrove, dove l’appartenenza è meno forte e più sfilacciata. Questo perché queste società si sentono più forti e hanno quindi poca o nessuna paura dello straniero, non lo vivono come una minaccia. Al contrario nelle città o dove manca il sentirsi parte di un sottobosco comune, dove magari manco conosci il vicino di casa, lo straniero rischia di esser visto come un pericolo e l’integrazione soccombe alla paura. Forse non è un caso che l’unico sindaco donna e nera sia leghista e di un paesino del bergamasco.
Forse non è neppure un caso che per tanti stranieri l’Australia sia il paese delle opportunità e molti riescano ad integrarsi perfettamente qui. Tante cose possono anche far ridere, come le mille bandierine il giorno dell’Australian Day, i  rodei, la gara dei tosatori di pecore, i campionati di freccette o certi energumeni con enormi pizzetti, che sembrano appena scesi da una Harley-Davidson. Quando poi finisci di sorridere, inizi a vedere che dietro c’è un profondo radicamento, un sincero senso di appartenenza, un orgoglio di essere australiani, vissuto e volentieri celebrato in ogni occasione. Queste persone così legate alla terra, alle proprie mucche, all'erba del giardino, ai loro gipponi e orribili cappelli, hanno costruito un società forte, ma capace come forse poche altre di entrare in relazione, senza paura e senza pregiudizi con lo straniero. Chapeau.

Nota: sono rimasto qualche minuto a osservare quelle strane confezioni. Sembravano sulle prime carrube, poi si poteva ipotizzare fossero liquirizie. Ipotesi molto fantasiosa, visto che le vendevano aromatizzate al chili, all’aglio o al peperoncino. Carne secca.
Protagonista fondamentale di tanti western o di fumetti di Tex Willer. Esiste. Non è un mito del passato o di tempi e terre lontane. La vendono e un tizio dietro di me alla corsa dei maialini, la masticava con gusto. La prossima volta me la compro.




4 commenti: