L’Australia sta col fiato sospeso, in attesa di oggi,
quando ci sarà il redde rationem tra
Julia Gillard e Kevin Rudd. Infatti la Primo ministro ha stabilito un
ballottaggio fra i due per chiudere la storia andando alla conta. Per chi
avesse perso la puntata precedente l’ex Primo Ministro e attuale Ministro degli
Esteri (dimissionario), Rudd, ha sfidato la leadership dell’ex vice Primo
Ministro e attuale Primo ministro, Gillard. Una lotta tutta interna ai
laburisti che i liberali, riconoscenti, stanno a guardare. Manca solo che uno
dei due inviti a votare l’opposizione poi il capolavoro suicida sarebbe
completo.
L’attesa è spasmodica, i TG hanno i servizi più variegati
che spaziano da seri commentatori fino al netturbino, invitato anche lui a dire
la sua in merito. Anche la nostra classe è stata contagiata dalla tenzone. La
professoressa di grammatica e writing, ha lanciato un sondaggio live per tastare,
per così dire, l’umore della popolazione. L’assemblea si è divisa a metà, con
una buona fetta di astenuti che avevano l’aria di non sapere neppure di cosa
stessimo parlando. In particolare la componente russa si è schierata con Rudd,
i vietnamiti compatti si sono dichiarati per un “non so / non mi interessa”,
mentre la parte latina (italia, Egitto, America Latina) per la Gillard. Alla
fine l’assemblea ha decretato che vincerà Rudd, ma non credo che la nostra
classe sia rappresentativa del paese, non foss’altro perché non c’è neppure un
australiano.
Naturalmente gli Australiani ufficialmente
sono schifati della situazione e dicono che questi due stanno mandando il paese
in malora. Ma sotto sotto sono anche curiosi di vedere come andrà a finire,
come gli italiani col calcio, che tutti, critici e schifati, seguono.
Siamo stati alla scuola di Daniel e
Noemi per il colloquio con le maestre. Sono tutte molto contente delle nostre
bestioline, che si stanno impegnando bene. Addirittura Daniel ha preso un award, una attestato di merito per
l'impegno scolastico. Era orgogliosissimo del suo diploma, anche se ha
confessato di aver capito che si trattava di una cosa bella solo quando gli
hanno detto: "Compliment!"
Naturalmente non è che fai i
colloqui e te ne vai; subito dopo hanno fatto il barbecue, con la maestra della
Noemi che smerciava hot dog e panini, mentre la responsabile del corso d
inglese stava alla cassa della discoteca, iniziata subito dopo.
Come già accennato ci sono due idee
che gli australiani portano avanti con convinzione maniacale: la prima sono le
precauzioni contro il sole e il melanoma, la seconda è il concetto di comunità,
che tirano fuori come il prezzemolo.
Un corollario molto importante di
questo concetto è quello del "Buy australian", cioè il caldo e pressante
invito a comprare cose australiane. Il concetto è semplice e a prova di idiota:
dietro a ogni cosa c'è qualcuno che la produce, delle materie prime, un indotto,
una catena di vendita. Se dietro a tutti questi passaggi ci sono persone
australiane, la comunità ne ha un beneficio in termini di occupazione, di tasse e di economia.
Per facilitare la scelta esiste un bollino
apposito, un logo di un canguro stilizzato su sfondo verde, ma non mancano
scritte in ogni dove, "made / built / product in Australia", sempre
enormi o in bella mostra, in modo che sia impossibile non notarle. Alla
televisione passano appositi spot, con elencati motivi per cui comprare
australiano e se non bastasse esistono anche siti come www.ausbuy.com.au
e www.buyaustralianmade.com.au in cui vendono solo prodotti australiani doc.
La cosa è talmente sentita che hanno
inventato un preciso sistema a 4 A . Se un prodotto ha 1 A vuol dire che il
proprietario della ditta è australiano. Poca roba, poco merito. Si può far
meglio.
Se un prodotto è AA vuol dire che è
la ditta è australiana e lo hanno prodotto qui. Se ha AAA, oltre a quanto hanno
usato materie prime sia australiane sia straniere. Se invece ha AAAA puoi mangiarne
quanto vuoi, comprarne fino ad esaurimento scorte in quanto è fatto da
Australiani, prodotto qui e con materie prime esclusivamente locali. Dio te ne
renderà merito e forse anche la Regina
In almeno due supermercati qui a
Canberra, ho visto cartelloni giganteschi che dichiarano quanto il supermercato
ha fatto e sta facendo per la comunità locale; se ti arricchisci con soldi australiani,
parte di questi devono tornare alla comunità sotto forma di donazioni. Sarebbe,
come dire, una scortesia grave non farlo, una pessima idea per il tuo business.
La tedesca Aldi (la nostra Lidle) non fa eccezione.
Il prodotto nazionale per eccellenza
è la Vegemate, crema salata da spalmare sul pane. Ora è di proprietà della
Kraft, ma sul tappo della confezione è precisato che è “proudly made in
australia since 1923”, appunto, “orgogliosamente”.
Devo dire che non trovo nulla di
male in questo. Si tratta di un circolo virtuoso di ricchezza, lavoro, tasse e
soprattutto ecologia in cui non vedo nessuna controindicazione.
Non ho mai capito perché in Italia
non abbiamo mai fatto una campagna di sensibilizzazione simile, perché ce ne
freghi così poco di dove finiscono i nostri soldi. Solo una volta ricordo di
aver sentito un discorso simile, prima di Natale, quando Monti diceva di comprare
regali "italiani". Proprio in questi tempi di crisi, potrebbe essere una
idea interessante e che costa poco
Bisogna dire che agli australiani piace
vincere facile. Essendo un continente, puoi comprare e mangiare solo
australiano tutta la vita, senza che ti manchi niente, essendoci una varietà di
frutta e verdura incredibile, compresa tutta quella europea.

C'è però una parte fondamentale di questa
festa che non trovi nelle nostre fiere: i concorsi di prodotti fatti da privati,
o da ditte, premiati per la loro eccellenza.
Vetrine di 10 metri di pane fatto in
casa, scelti per il gusto, il colore, la fragranza o ogni altra minima
particolarità. Espongono solo i prime tre classificati per ogni concorso, ma il
risultato sono migliaia e migliaia di prodotti di ogni genere e specie.
La zucca più grande, le torte secche
e quelle con panna o creme, i fiori recisi, le composizioni floreali, i
prodotti con la carta, i lavori all'uncinetto, le maglie o le coperte, la balla
di lana più bella, le bambole fatte a mano, le tovaglie, i drappi, i vestiti
con materiale di riciclo, ecc. ecc.
Una enorme e bellissima gara che
deve aver mobilitato migliaia di concorrenti da tutta l'Australia.
Accanto alle singole sezioni c'erano
spesso laboratori in cui vecchiette ti insegnavano a fare l'uncinetto o i
lavori con la carta. Vicino trovi anche la parte commerciale, spesso a tema,
con tante cose in assaggio, quali frutta, succhi o spremute.
Devo dire che questa è stata gran
lunga la cosa più interessante della fiera, malgrado i piccoli la pensassero
diversamente e puntassero decisamente verso il luna park. Avendo tempo si può
girare ore tra questi bizzarri prodotti, frutto di ingegno, pazienza e saperi
antichi. Avendo tempo e magari essendo da soli.
Un'altra tradizione strana e assolutamente
locale è la "bag show", delizia per i bambini e croce per gli adulti.
Praticamente non funziona come da noi che il bambino vede un giocattolo nella
bancarella e tu glielo compri. Qui le
bancarelle vendono delle borse "a tema", che so di Harry Potter (Daniel ha preso questa),
Scooby Doo, Ben Ten, Barbie,Pirati, ecc. e dentro ci sono cose inerenti al
tema. Non è un acquisto al buio perché nello stand è esposto chiaramente il
contenuto della stessa.
Lo strano sistema vale anche per le
nocciole, le mandorle e caramelle, tipico cibo da bancarella anche da noi: non
te ne puoi comprare un sacchettino, ma devi scegliere tra diverse "bag"
a seconda di gusti e golosità. Spaziano dai 3 dollari fino a 30 a seconda di
quantità, qualità e marca del contenuto.
La Maru ha comprato una bag da 20 $
di profumi di marca, nella versione "generica"; nel sacchetto ce
n'erano 3 + una collanina omaggio. Strana usanza questa delle bag delle fiere...
Una volta ho sentito un sociologo
che affermava che nei paesi dove è più forte il senso di appartenenza e di
comunità, è più facile l’integrazione degli stranieri. Sembra un paradosso, ma nel
Nord, nei paesini di montagna della Val d’Aosta o del Veneto, dove tutti
parlano dialetto gli stranieri riuscirebbero ad entrare nel tessuto sociale più
velocemente e profondamente di altrove, dove l’appartenenza è meno forte e più
sfilacciata. Questo perché queste società si sentono più forti e hanno quindi
poca o nessuna paura dello straniero, non lo vivono come una minaccia. Al
contrario nelle città o dove manca il sentirsi parte di un sottobosco comune,
dove magari manco conosci il vicino di casa, lo straniero rischia di esser
visto come un pericolo e l’integrazione soccombe alla paura. Forse non è un
caso che l’unico sindaco donna e nera sia leghista e di un paesino del
bergamasco.
Forse non è neppure un caso che per
tanti stranieri l’Australia sia il paese delle opportunità e molti riescano ad
integrarsi perfettamente qui. Tante cose possono anche far ridere, come le
mille bandierine il giorno dell’Australian Day, i rodei, la gara dei tosatori di pecore, i
campionati di freccette o certi energumeni con enormi pizzetti, che sembrano
appena scesi da una Harley-Davidson. Quando poi finisci di sorridere, inizi a
vedere che dietro c’è un profondo radicamento, un sincero senso di
appartenenza, un orgoglio di essere australiani, vissuto e volentieri celebrato
in ogni occasione. Queste persone così legate alla terra, alle proprie mucche,
all'erba del giardino, ai loro gipponi e orribili cappelli, hanno costruito un
società forte, ma capace come forse poche altre di entrare in relazione, senza
paura e senza pregiudizi con lo straniero. Chapeau.
Nota: sono rimasto qualche minuto a
osservare quelle strane confezioni. Sembravano sulle prime carrube, poi si
poteva ipotizzare fossero liquirizie. Ipotesi molto fantasiosa, visto che le
vendevano aromatizzate al chili, all’aglio o al peperoncino. Carne secca.
Protagonista fondamentale di tanti
western o di fumetti di Tex Willer. Esiste. Non è un mito del passato o di
tempi e terre lontane. La vendono e un tizio dietro di me alla corsa dei
maialini, la masticava con gusto. La prossima volta me la compro.
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