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martedì 11 settembre 2012

Diario dell’australiano Data australe 11 settembre 2012



Fare i lavori domestici non e’ male. Ci sono elementi di noia e routine, ma quelli li trovi in qualsiasi professione autonoma o dipendente che sia. Pur non godendo di grande fama, ha livelli di stress molto bassi e permette una buona organizzazione del tempo in totale autonomia. Non hai colleghi stressanti, anzi non ne hai proprio e il problema non e’ quello di gestire la socializzazione, ma semmai sopravvivere alla solitudine.
Poi i lavori domestici sono tutti piu’ o meno interessanti. Far da mangiare puo’ essere creativo, stendere aiuta la riflessione e permette alla mente di abbandonarsi alla fantasia. Di solito se metti bene a fuoco i clienti, i beneficiari del tuo lavoro, ti e’ piu’ facile trovare un senso a quello che fai e affrontare anche i lavori piu’ noiosi.
C’e’ pero’ un lavoro che incarna la sfiga della casalinga e della controparte maschile: fare la lavastoviglie. Nella quotodianita’ domestica e’ operazione tra le piu’ noiose, priva di soddisfazioni e lesiva dell’autostima personale.
La lavapiatti e’ autoritaria, tirannica. Puoi anche non fare lavatrici per giorni, fregartene dei vestiti per terra (che fanno cosi’ calore e colore), sbarrare le porte della stanze straripanti di roba sporca, ma non puoi lasciare la cucina in condizioni pietose per piu’ di un giorno.
La cucina in disordine e’ la quintessenza dello squallore, l’emblema di una casa dove regna il caos e l’armonia e’ defunta. I piatti sporchi di unto o il bicchiere in precario equilibrio nel lavandino deprimono, minano nel profondo lo star bene insieme. Senza parlare del fatto che quel qualcuno che potrebbe sempre arrivare, senza arrivare mai, potrebbe finalmente farsi vivo, finendo per vedere la cucina in tal penoso stato.
Nei film noir, la cucina dello spacciatore appena ucciso e’ sempre un cumulo di piatti unti, tovaglioli sporchi e pentole incrostrate. Non inquadrano mai la lavanderia piena di vestiti da lavare, perche’ e’ la cucina la cartina tornasole di una umanita’ realizzata o di un esistenza sull’orlo del suicidio.
Quindi volente o nolente con la lavapiatti devi confrontarti, quotidianamente esercitarti nell’umiliante arte del carico e dello scarico, anche perche’ l’onnipresenza del demoniaco elettrodomestico ha progressivamente rimpicciolito i lavandini, tanto da renderli incapaci a contenere stoviglie e pentolame.
La lavastoviglie e’ un padre severo che non nota i successi, ma e’ pronto al rimprovero alla prima defaillance. Se tutto esce pulito e lindo, nessuno ti fa I complimenti, lodando il luccichio delle pentole o esaltando la brillantezza dei bicchieri. Se invece recuperi dall’antro un piatto ancora lercio o una forchetta incrostata, ecco che scattano gli sguardi, i sospiri, se non l’aperto rimprovero. Perche’ sei un incapace, manco buono a fare la lavapiatti, notoriamente a prova di imbecille,  e soprattutto ti abbiano gia’ spiegato piu’ e piu’ volte l’incastro perfetto, la collocazione ideale, la tattica per il miglior risultato.
Perche’ poi come per la Nazionale di calcio, ognuno si sente stratega, capace come nessun altro di caricare i maledetti carrellini, maestro di una scienza esatta, capace di ottenere una grande performance e nel contempo coniugare risparmio energetico e amore per l’ecologia. Cosi’ mentre sei li’ che ti cimenti con la gia’ di per se’ noiosa operazione di caricare la bestia, senti gli altrui sguardi, densi di commisserazione e di condanna, rispetto al bicchiere appena incastrato o il piatto collocato dove “non verra’ mai pulito”. Come gli anziani che tutto il giorno studiano e commentano i cantieri sulla pubblica via, cosi’ ogni adulto getta un occhio sulla erigenda lavastoviglie, eleborando come a tetris, strategie elternative, incastri magari piu’ arditi, ma certamente piu’ capaci e intelligenti
Ma la lavastoviglie non e’ una scienza esatta. Come quei giocatori di bocce, sempre pronti ad incolpare un rametto, un avvallamento nascosto per una giocata fatta male, di fornte ad una lavapiatti mal lavata si incolpa la pastiglia scadente, l’augello chiuso o il maledetto programma ecologico, che “rispettera’ anche la natura, ma se poi non lava..” Commenti inutili, ma necessari per non accettare la Waterloo di ogni nostra convinzione, della presunzione di averci capito qualcosa, in questo marchingegno perverso e privo di razionalita’.
E’ una scuola di umiliazione quotidiana, con quei soffitti bassi, dove nulla entra e tutto si incastra, con quegli spazietti che ti illudi possano contenere ancora  un altro bicchiere e dove le tue gigantesche mani urtano ogni cosa e distruggono l’ordine appena costituito. Per non parlare dei cucchiani che fanno a gara a tuffarsi fuori dal contenitore, direttamente la’ dove non lo puoi raggiungerli con le dita o dei carrelli che a fine corsa sembrano precipitare a terra con tutto il loro contenuto.  Quante docce sgradite o cucine inondate dobbiamo patire per imparare definitivamente che i  bicchieri devono essere comletamente vuoti prima di capovolgerli nell’odiosa trappola?
In fondo poi la lavastoviglie e’ inutile. Ci sono tazze o bicchieri che hanno li’ la residenza, vi stazionano sempre, a prescindere da cosa hai cotto o mangiato. Ogni santo giorno metti dentro e fuori la stessa roba, in un rito in cui col senso smarrisci anche te stesso.  I soliti gesti, la solita roba, il solito dover rifare tutto perche’ la pentola tocca, va ad intralciare le pale, quelle maledette che hanno pure gli augelli intasati, oziose e girovaghe da abbattare come i mulini di Don Chisciotte. Una lotta contro gli elementi, un batter l’aria correndo sul posto, perche’ quando incastri tutto, c’e’ sempre qualcosa rimasto fuori, magari proprio quel contenitore di  plastica, cosi’ difficile da lavare a mano, oppure quella pentola che puzza di pesce, un classico della cucina trasandata, il marchio del genitore degenere e della famiglia allo sbando.
Molto piu’ esaltante fare la spesa, specie qui dove fai scoperte sempre nuove e bizarre. Il mio angolo preferito e’ quello del mark down, dove trovi a poco prezzo cose dalla prossima scadenza. Daniel non capisce perche’ dobbiamo sempre comprare cose marce, ma io vado lo stesso sfidando il suo sguardo di rimprovero, sempre curioso di quello che posso trovare e con l’entusiasmo di chi sta per fare qualche affarone. Non di rado imparo cose nuove rispetto alle usanze dell’australe popolo e della sue abitudini culinarie. Recentemente ho trovato questo prodotto che mi ha fatto pure sorridere.
La lavapiatti invece non mi fa mai sorridere..

Aggiornamento della situazione
Ho cominciato il servizio alla canteen della scuola dei due pupi. Una specie di mensa interna che al giovedi’ e venerdi’ puo’ fornire il pranzo ai bambini che lo desiderano. Lo staff era composto da un cuoco, due altre mamme e il sottoscritto. Il locale e’ angusto e tutti sono sovrappeso per cui occorre limitare i movimenti al minimo. Pero’ parlano, in continuazione chiacchierano e io ascolto. Non capisco cosa dicano ma sento, capto delle parole che mi sembra di aver gia’ incontrato e le ripeto in silenzio sperando che la loro eco mi si pianti nel cervello o trovi uno spazio in cui mettere radici.
Mi sto convincendo che sia tutto una questione di spazio, che con l’eta’ abbiamo raggiunto il troppo pieno e quello che dimentichiamo sia solo quello che deborda, esce fuori perche’ oltre lo stivabile. Intorno ai quaranta cominciamo ad averne viste e sentite troppe per pensare di poter incamerare pure l’intero Oxford English Dictionary o destreggiarsi con la grammatica inglese. Andrebbe gia’ molto bene se l’avessimo piena di cose interessanti, di un vissuto degno del vivere stesso. Che dramma sarebbe averla zeppa di cretinate o di materiale talmente confuso da essere inutilizzabile.
Non so bene di cosa sia piena la mia, ma so che vorrei poter cancellare qualche record per far spazio al tanto che ho trovato qui e alle cose che devo ancora vedere. La Maru, il nonno, Federico e i bimbi sono stati sulla costa sud per trovare un posto dove andare in vacanza a dicembre, quando vengono le nonne. Hanno visto una balena col piccolo, un drago di Komodo e accarezzato dei canguri, per nulla intimoriti dall’uomo. Io e la Anna siamo rimasti a Canberra a studiare. I bimbi erano entusiasti. Io pure. pur essendo il loro troppo pieno molto molto lontano, mi sembra un bel ricordo da stivare, uno di quelli che vale la pena avere e gelosamente conservare.


4 commenti:

  1. E dire che pensavo di essermi rincretinito perchè l'anno scorso dopo pochi mesi dal termine di un corso di lingua Inglese fatto all unitre di cogoleto già mi ero scordato la gran parte delle cose che avevo imparato, non avevo pensato che l hard Disk alla nostra età andrebbe liberato da qualche file obsoleto per far posto a quelli nuovi.
    Quindi ti saluto con un vecchio proverbio

    Mal comune ………… cambio sindaco
    Ahahahahahahab
    Ciao Camix

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