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mercoledì 4 aprile 2012

Diario dell’australiano Data australe 4 aprile 2012


Punto primo: aggiornamento della situazione
Qui siamo in autunno, anche se le ultime giornate sono state bellissime e calde. La mattina fa freschetto e poi di giorno un gran caldo. Comunque il nostro destino è segnato, si va verso l'inverno.
Nonno Mariano è in Italia e tornerà fra 15 giorni circa. Stiamo tutti bene e continuiamo la nostra vita. La Anna sta entrando nel vivo delle interrogazioni e studia parecchio, la Maru lavora tanto. I due bambini hanno uno strano rapporto con l'inglese: ufficialmente hanno progressi quasi nulli, anzi sembra che capiscano poco di quanto succede o dicono intorno a loro. Poi qua e la buttano parole e frasi che rivelano invece una insospettata padronanza della lingua. In occasione del cambio serale delle mutande Noemi ha commentato le sue con un yucky, assolutamente gratuito e improvviso. Io continuo con le mie lezioni. Anche nel mio caso ci sono dei passi avanti, per cui sono fiducioso.
Ora ci saranno le vacanze di Pasqua, poi ancora qualche giorno di scuola, poi dal 16 aprile siamo tutti in vacanza fino al 29. Infatti con Pasqua finisce il primo term e le scuole di ogni ordine e grado si fermano per queste mini ferie. Potremmo anche andare via qualche giorno ma la Maru lavora, quindi non credo faremo nulla. Potremmo andar a Sydney dallo zio Cristi ma anche lui lavora.
Quindi se qualcuno avesse deciso di passare da noi le vacanze di Pasqua, venite pure che noi ci siamo, anzi siamo liberi fino al 30 aprile. Non fatevi problemi, che siamo ancor nella casa grande e ci si organizza. Magari prima chiamate.
Punto secondo: la casa. Tra qualche mese dobbiamo sloggiare da questa dimora, tanto bella quanto cara. Sapevamo che era una soluzione a tempo. Abbiamo cominciato a guardarne qualcuna, ma l'Australia non sfugge alla regola che trovi case da poco solo molto lontano da dove lavori o vanno a scuola i tuoi figli. Tendenzialmente ci piacerebbe continuassero le scuole ad Ainslie, ma le case in quel quartiere costano una follia. Aspettiamo che torni il nonno e poi qualcosa combineremo.
Punto terzo
Quando Daniel era infante, ricordo che lo guardavo e pensavo che non era possibile che ce la facesse. Ne ho parlato anche con la Maru, come potesse essere possibile per un essere tanto minuscolo, con un cervello ancora vergine e intonso, poter raccogliere e contenere un giorno tutte le informazioni che abbiamo noi, le nostre nozioni, il nostro sapere. Ora credo che ce le farà. Per carità, ha ancora tanta strada da fare, ma promette bene, anzi a volte è sorprendente come riesca, con quella sua faccia da abitante delle nuvole, a memorizzare e trattenere tanti particolari.
Io invece non ce la farò. La mia prof stava chiedendo a tutti in quali quartieri abitavamo e ci raccontava a chi era intitolato, se si trattava di politici, militari, ministri, ecc. In quel momento ho realizzato che non ce la posso fare a memorizzare tutte queste nuove informazioni, neanche se qualcuno mi facesse un riassunto delle puntate precedenti o interrompesse la storia per ragguagliare chi si fosse simtonizzato solo in questo momento. Su troppe cose qui mi ritrovo ad essere infante, ignorante piccolo essere, che osserva le cose senza capirle o saperne cogliere il significato perchè ignora.
Solo emigrando si può comprendere quanto il nostro io, il nostro essere in uno spazio e in un mondo sia fatto anche di un patrimonio di informazioni che condividiamo con chi ci sta intorno e che crea un linguaggio comune. Qui avranno visto Heidi? Gig robot d'acciaio? ci sono mai stati i comunisti? Conoscono Andreotti? Quando emigri cambi lo sfondo e le parole non hanno più lo stesso significato, perdono il colore o si tingono di tonalità che non sai e non riesci a controllare.
Due mattine la settimana ognuno deve portare a scuola una news e raccontarla in classe. Una mattina una ragazza vietnamita, ha raccontato la storia di una donna cinese a cui era cresciuto un corno in testa ( sono quasi certo che la storia fosse questa). Alla fine sono intervenuto per chiedere alla prof se anche in australia il termine "cornuto"  avesse il significato italiano. No, naturalmente, ma è stato quasi commovente vedere sta povera donna che si sforzava di fare le corna con le dita, mentre cercava di capire cosa esattamente significasse da noi "avere le corna"  (per la cronaca in Russia e in Colombia condividono gesto e significato). Come si dirà cornuto in Australia? Esisterà un gesto o un alludere? Quando esorcizzano la sfiga, cosa si toccano? Quando si solleva un peso in compagnia, dicono "oh issa!"?
Troppa roba da imparare. Troppe cose, troppa storia, geografia, interi manuali di sociologia, per le mia veneranda età e un cervello funzionante, ma già pieno di informazioni su un altro film, un altro mondo e altri modi di gesticolare e capirsi senza parole. Forse la Noemi e Daniel ce la possono fare, magari anche la Anna. Non sapendo nulla della strage alla stazione di Bologna, possono occupare questa casella con una informazione locale, un Garibaldi australiano o qualche Pascoli aussie.
Un po' mi scoccia e mi dispiace. Ho la testa piena di informazioni e notizie apparentemente inutili, dati in eccesso e mezzi scaduti, comunque non utilizzabili a queste latitudini.  Non potrò magari neppure ridere delle barzellette locali se qualcuno non mi dice chi è Pierino, ammesso che ne esista uno, un omologo che si chiama magari Little Peter.
Credo che tu possa anche arrivare a parlare inglese perfettamente, ma non possa arrivare a possedere questo patrimonio se non è il tuo, se non hai condiviso da sempre una storia, un orizzonte comune e anche lo stesso palinsesto televisivo. Ci sarà stata anche qui una Vanna Marchi locale che gridava "d'accordo?"? se io dico "agree?" con la stessa intonazione fa ridere anche qui?
Non so se ho reso quello che intendo, ma si tratta di una esperienza di povertà niente male, che non puoi cogliere in tutta la sua intensità se non emigri, se non cerchi di piantare le radici in un vaso nuovo, dopo averle sradicate, più o meno bene, dal vaso in cui erano nate e cresciute. Forse e anche per questo che gli emigrati tendono a stare tra loro, a fare i club, per poter parlare una lingua, sentirsi veramente parte di un popolo.
Cosa sia poi essere australiani è cosa assai misteriosa. Per essere asutraliani, cosa ci vuole? Basta la cittadinanza? Bisogna essere nati qui? La buttiamo sul sangue come da noi? Avere genitori, nonni, trisnonni nati qui?
Quando è venuto a trovarmi fra Maurizio, lo accompagnava un italiano che vive a Sydney da 40 anni. Siamo stati al Parlamento federale in visita e una guida ci ha illustrato l'atrio,  con i suoi marmi italiani. Questo signore andando via, ha chiesto alla guida di dove fosse, visto che non era australiano. Lui ha risposto che era Australiano, anzi era nato a Canberra, ma l'italiano, sfiorandosi ripetutamente la guancia, affermava che non era possibile, per via della pelle "troppo chiara". Alla fine, capita l'antifona, il tizio ha risposto di essere scozzese di origine.
Strana terra questa in cui, eccezzion fatta per gli aborigeni, tutti sono ospiti e nessuno può dirsi veramente australiano, senza poter esere contraddetto o cadere in contraddizione. Forse gli aborigeni potrebbero mettere su un ufficio immigrazione, un ministero degli Interni che dia le cittadinanze. A trovarne uno, almeno qui a Canberra.  Allora in questa società multietnica, multiculturale, multilingue, multireligiosa, talmente multi che fatichi a pensarne una, alla fine c'è spazio per tutto, anche per il mio pesto.
Strano popolo questo che paragona se stesso a culture e genti lontanissime, come se fosse qui per sbaglio o l'Australia fosse uno stato europeo, magari giusto in procinto di entrare nell'euro. Si parlava a scuola di eutanasia e la prof diceva "ce l'hanno in belgio, in olanda e in germania..". Io ascoltavo e mi sembrava di sentire una prof italiana, che giustamente paragona la società in cui vive con quella dei vicini. Ma qui i vicini si chiamano "nuova Guinea, Fiji, Filippine", siamo in Oceania, mica nel Canton Ticino. Eppure così è, tanto per alimentare la confusione.
Forse ha ragione Forrest Gump: australiano è chi australiano fa. Al di là della provenienza, del colore della pelle o altro, è australiano chi fa il bene dell'australia e la considera casa. Tutto il resto è fuffa.
Quindi forse non saprò mai a chi è dedicata la mia via, forse neppure la città in cui abito o riderò solo a metà delle battute della versione locale di Zelig e leggerò targhe di eroi senza capire neppure a quale guerra alludano, ma potrò un giorno dirmi australiano se ne avrò voglia e me lo sentirò io, con la stessa credibilità di un aussi fanatico di cricket e carne secca. Tiè.
P.s. Buona Pasqua a tutti da queste lontane contrade. Un abbraccio forte da tutti noi.

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