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domenica 19 febbraio 2012

Diario dell'australiano. Data australe 19 febbraio 2012


È arrivato il nostro cane, la Naive. Adesso la famiglia è al completo. Sta benone anche se è stata parecchio sballottata nell'ultimo periodo.

La sua presenza potrebbe rendere più serene le nostri notti, specie dopo che abbiamo dovuto registrare una intrusione notturna, per fortuna risoltasi senza grossi problemi. Per dovere di cronaca, annoto su questo diario virtuale quanto accaduto, anche se ricordando, "il pensier rinova la paura".
Era una delle notti in cui la Maru era a Melbourne e la Noemi stava dormendo nel lettone con me. E’ risaputo che il lettone dei genitori sembra ai bambini enorme; sarà per questo che quando arriva da noi Noemi sogna di essere in piscina. Infatti alterna tutti gli stili conosciuti, muovendosi in ogni direzione, incurante di chi, nella stessa vasca, vorrebbe dormire. Quando arriva a fine vasca, da provetta olimpionica, esegue una perfetta virata, appoggiando i piedi sul petto paterno e spingendo ripetutamente e con forza.
La sera del fattaccio stava facendo la sua figura preferita, la stellina, volgarmente detta posizione del morto, consistente nell’allungare in ogni direzione gli arti, possibilmente finendo per relegare sul bordo del materasso, quelli di prima,  cioè quelli che negli stessi spazi pretenderebbero dormire.
È stata una notte di trincea, consumata in un dormiveglia, interrotto da momenti di lotta in cui cercavo di spostare altrove la scimmia tarantolata.
In un punto imprecisato della notte, sento dei rumori provenire dalla sala, quasi dei colpi, come se qualcuno stesse camminando sul parquet. Resto in attesa.  Quando aver sentito bene è foriero di rogne certe e botte possibili, è opportuno sondare a fondo l'ipotesi di aver sentito male. Dopo alcuni minuti i rumori si ripetono e non lasciano spazio alcuno ad interpretazioni.
Mi alzo e getto fuori il muso sul corridoio: in sala c'è qualcuno, ma ogni luce è spenta. Con il cuore che mi batte in maniera imbarazzante mi avvicino, calcando, anzi pestando a mia volta i piedi sul parquet, con la speranza di mettere in fuga i malviventi. Infatti sento un vero e proprio casino, fatto di rumori secchi e colpi, disordinati quanto una fuga rocambolesca.
Con il silenzio mi ritorna il coraggio ed entro in sala.  Tutto è in disordine come la sera prima, i pc ancora al loro posto, come anche gli spiccioli e le nostre cose. Stessa zuppa in cucina. Chiunque fosse entrato non aveva preso nulla e non era più in casa. Avevo salvato la nostra casa. Il quadro eroico era solo rovinato da un piccolo  particolare: tutte le possibili vie di fuga, comprese porte e finestre erano ermeticamente chiuse, con le zanzariere ancora intonse.
Comunque visto che in casa non c'era nessuno, decido di fregarmene e tornare a letto per vedere se sono affogate la Noemi e la sua dannata stellina. Sto per chiudere la luce quando noto sul davanzale interno della finestra della sala da pranzo, una cosa pelosa che pende, come una specie di coda di un castoro. Mi avvicino e noto che alla coda è attaccata una bestia, che si è rintanata nell'angolo e sta ferma immobile. Un opossum.
Torno in sala e la dinamica mi è subito chiara: il poveretto, mentre stava correndo sui tetti era caduto dentro alla canna fumaria del camino, precipitandomi in sala. Terrorizzato ha cominciato a cercare una via di fuga, in tutte le finestre della casa. Quando ha sentito i miei passi deve aver cercato di sfondarne qualcuna con la zucca per poi rintanarsi, mezzo rincoglionito, dove lo vedevo adesso.
E mo’? Che fa un opossum terrorizzato? Continua a dare testate a destra e a manca oppure, perso per perso, ti si risolta contro e cerca di farti a fette con unghie e denti? Piano piano traslo verso la porta finestra del terrazzino e la apro. L’abusivo non considera né me né la porta spalancata. Mi armo di scopa e faccio un po' di casino, ma senza risultati. Alla fine riesco a farlo cadere, lui si avvicina, salta sulla sedia davanti a me, poi sul tavolo e quindi riscende giù, sbatte qua e là e, alla fine, imbrocca la porta.
Comunque con la Naive in casa, anche gli opossum se ne staranno al largo, spero.

Sempre sul tema ho fatto un'altra scoperta interessante. Tra la cose che possiamo imparare dagli australiani c'è la soluzione a uno dei problemi sociali più gravi per il nostro Paese: la gestione dei vecchietti inoperosi. Non intendo quelli abili arruolati nel duro mestiere del nonno, né dei tanti che fanno volontariato in ogni dove o impegnano il loro tempo nel sociale. Parlo invece di quelle persone che non sapendo che fare tutto il giorno trovano piacere nel farsi gli affari altrui, curiosare in giro, ficcando il naso in ogni pertugio. Impiegare il tempo è faccenda spesso complicata, specie quando se ne ha tanto a disposizione. Hanno sempre qualcosa da dirti, sempre di urgente e spesso mentre ti parlano ti tengono per un braccio per paura che tu, come tanti prima, cerchi di dartela a gambe. Anche se cerchi di lasciar morire il discorso, questi con l'improvvisazione di un conduttore radiofonico, inventano sempre nuovi filoni di conversazione, come un vampiro mai sazio del tuo tempo.
Non è facile gestire un tale potenziale distruttivo, che se lasciato a se stesso potrebbe minare nel profondo il vivere civile dell'intera società. Infatti qualche contromisura, seppur costosa, l'abbiamo trovata, per evitare che frotte di pensionati possano agire indisturbati sulle nostre strade.
Con la complicità di pazienti operatori sanitari li facciamo viaggiare avanti e indietro per esami sanitari, spesso inutili o almeno facoltativi, che hanno il solo scopo di tenerne impegnato il corpo e la mente. La mattina affollano le sale d'aspetto delle ASL, numerini-muniti per fissare le analisi, nel pomeriggio sono seduti in attesa nello studio del proprio medico. L’astuto operatore dell'ASL gli fissa poi appuntamenti in luoghi remoti, in ospedali fatiscenti aperti ormai solo per questo scopo, con macchinari finti, spesso appositamente rotti per costringere l'anziano a tornare diverse volte.  Tra un esame del sangue, due urine e qualche tac, l'anziano è vinto, domato e senza forze se ne torna a casa, silente. “La sanità è l'oppio dei popoli”, diceva una dottoressa che conosco.

L'astuto australiano ha trovato una soluzione alternativa, non solo a costo zero, ma addirittura redditizia per la società. Non sai che fare? ti interessa farti gli affari altrui? credi di avere l'acume del commissario rex? Abbiamo il lavoro per te: entra a far parte dei “Neighborhood Watch”!
In ogni quartiere di Canberra e in ogni via trovi cartelli che ti invitano a farti carico della sicurezza del tuo quartiere, operando una sorveglianza attiva delle strade e delle case vicine. Praticamente si costruisce una rete di vigilanza locale, occhio lungo della polizia, per non perdere di vista sospetti, elementi strani o contrastare veri e propri crimini.
Non si tratta di vigilantes o le pittoresche ronde padane. Non è gente con in casa i kalasnikov pronta a impallinare ignari turisti, smarritisi per la via; il loro compito è solo quello di controllare e chiamare la polizia in caso di reato. Hanno naturalmente un logo, replicato in numerosi cartelli per la via con lo scopo di scoraggiare i candidati al reato. Una serie di visi di profilo che finiscono in un viso con tanto di visiera poliziesca.
Alcuni cartelli sono, come sempre, bizzarri: “Delinquente, se io non riuscissi a chiamare la polizia, il mio vicino lo farà per me” e “il nostro vicino sta guardando per segnalare attività sospette agli agenti di polizia” e l’ostile “attento, ti stiamo guardando”. Come poi funzioni che mentre uno mi sta puntando il coltello alla gola, il mio vicino se ne accorga e mobiliti l’esercito, è cosa che non so: avranno dei segnali in codice o luminosi, tipo drappi o lucerne esposte alla finestra.
Come per ogni cosa esiste un bel sito internet, con tutte le informazioni e le possibili candidature. Per Canberra: http://www.nhwact.com.au/
Gli stessi pubblicano anche un foglio mensile, con le attività e il report degli atti criminali del quartiere. Scopriamo così che nella nostra Campbell, un quartiere molto esteso, a novembre ci sono stati 3 furti in appartamento, 2 borseggi e…1 assalto. Malgrado quest’ultimo ci abbia parecchio inquietato, la situazione ci sembra accettabile.
Comunque il tutto funziona. Da quando sono qui non ho mai visto un agente di polizia, ma la situazione è iper tranquilla, quasi come vivere in campagna.

C’è una frase che campeggia sui cartelli dei “Neighborhood Watch”, 3 parole illuminanti le loro intenzioni “working for community”. Questa ultima parola la senti ripetere alla radio e alla televisione in ogni momento, ed è costitutiva, credo, dell’essere australiano. Forse noi con troppa superficialità e troppo presto abbiamo relegato il termine “comunità” alle chiese o ai tossici, perché ci possano guarire dentro, per poi essere rimessi in una “non-comunità”. Qui invece lo vivono, ne fanno parte come cittadini e sinceramente hanno a cuore il proprio quartiere e anche la casa del vicino, che magari non è manco australiano. Che magari è pure un vecchietto molto rompicoglioni.

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