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domenica 24 febbraio 2013

Diario di un australiano Data australe 25 febbraio 2012

Le giornate sono uggiose e fresche, ma siamo ancora tutti in maniche corte, fedeli all’australe fissazione che qui sia sempre estate.
Ho trovato un lavoro! Mentre vagavo per Canberra coi miei curriculum, ho visto il cartello di richiesta di un “kitchen hand” e mi sono fiondato a lasciare la candidatura. Mentre stavo gia’ per abbandonare ogni speranza, mi hanno chiamato per una intervista.
Quella dell’intervista e’ un classico da queste parti, terrore di ogni disoccupato, su cui girano leggende e per le quali esistono miriadi di consigli e dritte sicure per non fallire miseramente. Ancora in spirituale preparazione per l’incontro, il capo (che parla un italiano perfetto) mi ha chiamato per chiedermi se potevo direttamente venire a lavorare la sera successiva.
Ho lavorato gia’ tre volte in questo ristorante, occupandomi per ora solo di antipasti, insalate e, in parte, dessert. Il capo mi ha presentato l’equipe come ”una famiglia”, ma ho preso la cosa con abbondante beneficio di inventario, essendo un refrain riccorrente anche quando si tratta di una famiglia sull’orlo della separazione, con tensioni e nervosismi che rendono l’aria viziata e avvelenano il clima. In questo caso invece è certo un ambiente di lavoratori frenetici, ma in un clima sempre rispettoso, attento e quasi premuroso. Una vera sorpresa.
Malgrado i capi siano italiani, si abla solo inglese. Quando il ritmo si alza ogni incarico diventa difficile, avendo tutti sempre tanta pazienza ma meno tempo per ripetermi le cose. Il secondo giorno ho avuto un momenti di vero panico, da cui mi sono ripreso abbastanza in fretta, buttandomi sul lavoro di cui ero assolutamente “safe” e poter fare il punto della situazione. Durante la preparazione di un dolce il mio mentore mi ha detto “vai nel frigo fuori  e prendimi le fragole’, io l’ho guardato e, pur volendo fare un discorso piu’ articolato gli ho risposto: “no!”. lui ha alzato lo sguardo dal dessert e, piu’ colpito che arrabbiato, mi ha detto: “come no?”, poi dopo un attimo “ahhh, non hai capito?” ed e’ scoppiato a ridere, prima di ripetermi piu’ lentamente tutto. Abbiamo poi riso insieme diverse volte, ripetendo la scenetta che sul momento era venuta veramente bene.
Sabato ho retto da solo il mio settore ricevendo aiuto solo per la quantita’ delle cose da fare ma mai per la sostanza del saperle fare. Certo l’inglese resta un problema ma imparando a muovermi le cose sono piu’ semplici.
Al di la’ dell’aspetto economico sono molto felice di questo lavoretto, il primo che riesco a trovare qui, che non sia legato all’italiano, al volontariato o alla compassione di qualche paesano. Per ora lavoro solo 3 volte alla settimana, ma e’ un inizio.
Il resto della famiglia sta bene. La Maru sta preparando due certificazioni per il lavoro e i bambini vanno a scuola. Tutto tranquillo.

Uno degli aspetti piu’ belli della societa’ australiana e’ la capacita’ di gestire in maniera rilassata le questioni inerenti all’aspetto fisico e il vestiario. Sara’ che in Italia ho sempre avuto serie difficolta’ a vestirmi in maniera decente, ma qui e’ proprio il paradiso del casual. Si vedono certi personaggi in giro capaci di toglierti ogni timore di sfigurare o di non essere adeguatamente vestito. L’altro giorno in pieno centro ho visto un tizio vestito di tutto punto, con un completo blu, con tanto di cravatta; doveva essere una specie di avvocato, perche’ ne aveva la tipica valigetta. Solo che in testa portava un cappello a cono allargato, che prima di allora avevo visto in testa solo alle contadine nei film della guerra della guerra in Vietnam. Lo indossava con assoluta nonchalance, con tanto di spaghetto che glielo teneva ben fisso in testa. Uno spettacolo.
Inoltre grandiosa è  la regola del venerdì, giorno in cui ognuno può andare in ufficio vestito come gli pare. Io non ne frequento molti, ma dice la Maru che è seguitissima e tenuta in  molta considerazione. Il venerdì ognuno va realmente in ufficio talmente come gli capita, che mandano circolari se un particolare venerdì c’è qualche meeting o la visita di clienti importanti.

Devo invece ristabilire una verità storica o almeno combattere un luogo comune a proposito dell’ordine e della civiltà del popolo a testa in giù. Noi italiani per definizione usciamo perdenti da qualsiasi classifica inerente al senso civico e all’educazione, soprattutto per come teniamo le nostre strade, i parchi e i luoghi pubblici. Quando arrivi qui resti molto colpito dalla quantità e qualità del verde, con questi parchi in cui tutto è pulito e in ordine.
In effetti è innegabile che tutto è tenuto in maniera perfetta (pure troppo), cosa che farebbe pensare ad una popolazione che fattivamente sta attenta a non sporcare o deturpare la spettacolare natura circostante. La realtà appare come minimo un po’ più complessa.
Innanzitutto questo verde è realmente TENUTO in ordine, nel senso che ci sono orde di giardinieri, con mezzi e strumenti all’avanguardia che ogni giorno percorrono avanti e indietro questi parchi per tagliare l’erba, raccattare sterpaglie e foglie. I mezzi meccanici sono però seguiti da persone che a mano tirano su cartacce, plasticume vario, sacchetti abbandonati bellamente qui e là.
Quando ho forato in bici ho avuto occasione di passeggiare lungo le strade che comunemente percorrevo in macchina e a maggiore velocità. Lungo i bordi trovi lo spettacolo desolante di una discarica a cielo aperto, piena di contenitori per bibite, hamburger, pacchetti di sigarette vuoti, carta, cartoni e di tutt’un po’.
Sono quindi arrivato alla conclusione che non si tratta di una questione di qualità delle persone, quanto piuttosto di quantità. In Italia, siamo tanti, fors’anche troppi, e se anche diventassimo tutti “svizzeri”, maniacalmente attenti all’ambiente, difficilmente potremmo evitare di lasciare la nostra pesante impronta sull’ambiente circostante.
Qui in Australia siamo numericamente insignificanti (la metà della popolazione italiana) in un ambiente che è più grande dell’Europa. Una pulce sulla schiena di un elefante! Neanche impegnandosi allo stremo riusciremmo a fare grossi danni o almeno a sporcare il bellissimo panorama circostante.
Se vai alla spiaggia libera ad Alassio (ammesso ne esista ancora una), devi la mattina presto stendere il tuo telo da spiaggia, quasi a registrare il tuo piccolo appezzamento di terreno prima che l’orda finisca per occupare ogni spazio. Qui, all’inizio dell’estate, in spiagge immense, rischi di non trovare nessuno o intravedere un vicino a centinaia di metri lontano da te.
Numericamente insignificanti: inutile coltivare progetti di sterminio ambientale.
In effetti tutta la natura qui ha scarsa considerazione dell’uomo. Vuoi che siamo pochi, vuoi che gli aborigeni erano ancora meno e hanno da sempre avuto un rapporto do non possesso della terra, ma l’uomo è oggi  ben lontano dall’aver soggiogato l’ambiente circostante. Ad esempio se guardi le colline liguri, tutte modellate a terrazze, ti da immediatamente l’idea di una umanità in lotta, che con fatica ha soggiogato una natura ostile ai suoi bisogni. Meno poeticamente, tutte le nostre strade asfaltate sono ormai le vene che attraversano la nostra penisola in lungo e in largo, come un marchio di possesso. Qui invece le strade sono poche e per lo più attraversano un qualcosa che noi definiremmo “niente”, perchè non ci appartiene, non è nostro ma ancora in mano alla natura.
Quasi nulla qui è a misura d’uomo, tanto che ci sono decine di bestie grandi e piccole che possono mandarti a creatore se per sbaglio gli dai fastidio. Persino le mosche non hanno alcun rispetto dell’uomo. Avete presente il desolante quadretto delle mucche assediate da fastidiose mosche, che entrano loro persino negli occhi. Qui succede all’uomo. Tu le scacci, quelle immediatamente ritornano a molestarti, entrandoti negli occhi, nelle orecchie, in un crescendo di fastidio che potrebbe portarti al veloce esaurimento, se non passassi alle maniere forti. A onor del vero sono anche piuttosto lente, segno che la poca familiarità con l’uomo ne ha reso i riflessi ancora lassi. Ma se queste moshe avessero avuto nei secoli passati parenti e amici sterminati dall’uomo, orrendamente menomanti e costretti all’infermità, vedi come sarebbero più rispettose, come tramanderebbero di padre in figlio le terribili gesta dell’uomo cattivo a cui bisogna stare ben alla larga.
Chissà forse fra qualche centinaio di anni. Per ora si lotta, senza manco avere una coda come valido aiuto nella pugna

6 commenti:

  1. Fantastico la spiaggia libera di alassio, un fazzoletto! :-) Meglio quella di laigueglia! Tanti saluti da Albenga, come è piccolo il mondo!!!!!!

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  2. Ciao, sono un amico/ex-collega di Marussia.
    Ho provato a cercare il tuo blog sulla base di un'informazione di Marussia di un po' di tempo fa e l'ho trovato molto interessante e carino!
    Ho appena dato un'occhiata, ma mi riservo di tornarci con calma, spero...
    Innanzitutto sono contento che tu abbia finalmente trovato un lavoro e che la vostra avventura prosegua bene!
    A presto

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