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lunedì 19 marzo 2012

Diario di una australiano data australe 19 marzo 2012


La TV australiana non è più colta e profonda della nostra. Se nelle motivazioni migratorie c’è quella di sfuggire ad una tv idiota, abbandonate il progetto o cambiate stato. Anche qui trovate programmi simili ai nostri reality; ma non "grandi fratello" o "isole dei famosi", ma molti legati al canto e al ballo.
C’è n’é uno terrificante che si chiama “The biggest loser”, nel quale due squadre di obesi si sfidano, col solo scopo di perdere il maggiore peso possibile. La formula è vincente perché mentre lo guardi è tutto un florilegio di sentimenti che ti nascono dal cuore, una gamma di sensazioni che sgorgano nel guardare un tale spettacolo: raccapriccio, disprezzo, obbrobrio, pena, compassione, empatia, tifo, coinvolgimento, dolore e ansia. A nessuno interessa chi vinca questa o quella gara, nè se chi ha perso piange per mezz’ora per avere deluso la propria squadra e la mamma a casa, ma è un reality carico di suspance e che cattura l'intersse di tanti. Infatti il non detto che sottende ad ogni gara è: “ecco, ci siamo, questo schiatta, gli prende un colpo", perchè ad ogni prova tutti sembrano sull’orlo di un collasso, respirano come mantici o, cinerei, si spiaggiano dove possono per cercare energie residue.  Ogni tanto inquadrano, per alimentare il fuoco della tensione, squadre di medici, direttamente prese dal set di I.R., pronti ad intevenire per rianimare o, nei casi più gravi, espiantare organi in diretta tv.
Imperversano le gare di cucina, stile prova del cuoco. La più gettonata è quella in cui prendono una coppia, etero o omo, che deve affannarsi a preparare una cena per uno stuolo di gente, che alle 20 precise si presenta all'uscio di casa. Naturalmente la fase di preparazione è costellata da disastri naturali, inondazioni, improvvise esplosioni di elettrodomestici, litigi ed urla, non di rado arrivano quasi alle mani, ma come per magia alle 20, sono tutti pronti e sorridenti, con una tavola imbandita in maniera regale. Oltre allo stuolo di invitati, ne arriva sempre uno speciale. A me sembra un tizio qualsiasi, ma dev’essere qualcuno molto noto, perché quando i due malcapitati lo vedono, simulano reazioni di svenimento o orgasmiche.
Anche le pubblicità sono simili alle nostre. Alcune sono geniali, altre hanno un ritmo isterico e compulsivo, con una voce che urlando ti sprona  a mollare tutto seduta stante e correre a comprare non so cosa e non so perché.
Una cosa singolare, mai vista nelle  nostre latitudini, è una serie di reclame dedicate agli anziani. Il clichè è identico: vedi un uomo, anzianotto ma in piena forma che gioca in riva al mare con il cane / un nipotino, lancia bastoni / solleva e getta in aria il pargolo. Poi si gira verso la telecamera e con aria seria ma serena dice: “Hai già pensato alle spese per il tuo funerale?”, poi una voce fuori campo ti propone, per la modica cifra di 3 dollari alla settimana, una polizza ad hoc. Ce ne sono alcune che offrono ai parenti anche un premio di 15.000 dollari se ti schianti in un incidente; tutte specificano che non è richiesta visita medica e che nessuna domanda sarà respinta. Non ho niente contro questa iniziativa, di per se’ anche utile, ma in un film di media lunghezza questo tipo di spot capita una decina di volte, assumendo fastidiose connotazioni iettatorie.
E’ finita la serie di Montalbano, appuntamento familiare della domenica sera. Le ultime puntate non erano un granché, ma trattasi pur sempre di un film in italiano, quindi con un valore aggiunto notevole. La sigla parte con una panoramica di un paese della Sicilia, immagini molto suggestive di case che si affacciano su un mare incantevole. Ricordo che la prima volta che l’ho vista ho pensato: “Come si fa a vivere in quelle case così tutte attaccate, senza spazio, tutti ammucchiati uno sull’altro?”. Detto da uno che fino a ieri stava nel centro storico di Genova, suona abbastanza preoccupante. Solo che stando qui, dove le case sono monofamiliari, tutte con il proprio giardino e circondate dal verde, sembra impossibile vivere così tanti in così poca terra.
A onorare il patrio suolo resta solo al mercoledì ore pasti “Commissario Rex - Roma”, una bieca serie televisiva in cui il cane è alle dirette dipendenze di un poliziotto romano. La domanda sorge spontanea: eravamo così sbavanti per il prode quadrupede, da farci apposta una versione nazionale? Solo a noi o la povera bestia si è fatto padroni in mezza Europa? Ma poi, perchè? Comunque anche questa serie volge all’ultima puntata. Peccato non averne vista neppure una.
Una doverosa nota di merito per la TV australiana. Qui in nessun canale trovi donnine inabili al lavoro e a qualsiasi forma artistica, il cui unico compito sembra quello di agitarsi, mezze svestite, per mettere in mostra la propria mercanzia fisica. Uno spettacolo che da tempo anche da noi è diventato noioso e deprimente. Qui trovi donne a condurre telegiornali, molte giornaliste, ma la velina oca manca.

Leggo che in Italia si sta discutendo di introdurre a scuola l’inno nazionale mattutino. Qui in Australia hanno diversi sistemi per incentivare l’amor patrio e animare il nazional sentimento, già di per sé enormemente sviluppato. Modi per ovviare all’handicap di una storia ridotta al minimo, anche con qualche ombra di troppo, e di composizioni etniche varie e non facilmente omologabili. Ad esempio ieri si celebrava San Patrizio, patrono degli Irlandesi, in una nazione a prevalenza inglese, i quali non hanno proprio trascorsi idilliaci con i festeggianti.
Aprendo una parentesi, sono per altro molto bravi nell’esaltare quel poco che hanno. In una nazione che ha praticamente due secoli di storia, dove se indaghi un pochetto rischi di scoprire di discendere da qualche galeotto, quello che hanno sono bravissimi a tirarlo a lucido e metterlo in mostra. Ad esempio sotto casa abbiamo il War Memorial, dove si celebrano i morti australiani in guerra; una mostra enorme in cui hanno raccolto materiali e ricostruito scenari di tutte le guerre in cui hanno combattuto. A onor del vero in moltissime guerre sono stati usati solo come carne da macello per non sacrificare giovani inglesi; malgrado ne siano consapevoli, celebrano loro e la nazione per cui si sono sacrificati nel miglior modo possibile.
Chiusa parentesi.
Non potendo quindi attingere alla storia romana o ad un patrimonio politico e religioso comune, hanno dovuto aguzzare l’ingegno. "Non posso celebrare la gloria del passato? Celebriamo quella del presente". Si sono quindi inventati il “Tesoro vivente dell’Australia”, una lista di 100 persone vive, che sono ritenute preziose per l’Australia, perché contribuiscono a farla crescere e stimare. La lista è stata recentemente aggiornata, perchè ogni tanto ne secca qualcuno e occorre trovare nuovi candidati.
Quando ne leggevo pensavo alle persone  comunemente citate sui rotocalchi e tg italiani: Ruby, Minetti, Lele Mora, tronisti e puttanieri, gente insomma che incita i giovani a crederci sempre e scommettere sul merito e l’impegno.
Non sono poi tutti professori o intelligentoni. Andate a leggere la lista su http://en.wikipedia.org/wiki/Australian_Living_Treasures potete trovarci piloti di formula uno, maestri, politici aborigeni, campioni olimpionici, musicisti, addestratori di cavalli; tra i noti figurano Nicole Kidman, Kylie Minogue, new entry con Olivia Newton - John per il suo impegno personale e sociale nella lotta contro il cancro e Russel Crowe (manca Mel Gibson, forse perché non sempre e’ del tutto centrato).
Due cose cose interessanti in questa iniziativa. La prima è additare ai giovani e meno giovani degli esempi di spessore e tutto sommato per tutte le tasche. La seconda è l'idea che il tesoro dell’Australia non è qualcosa che arriva dal passato, che è successa ieri, ma che conta il presente, l’oggi, quanto riusciamo a fare qui e ora, giustappunto finché siam vivi.
Non costa molto e forse potrebbe essere più produttivo di iniziative formali come l’inno nazionale in tutte le scuole del Regno.

4 commenti:

  1. Il tuo confronto TV italia/australiana è perfetto.

    La cosa piu evidente secondo me è che mancano programmi dedicati all'imminchionimento della società, come per esempio i varietà (sia quelli del sabato sera che quelli della domenica).
    Mancano i talk show del pomeriggio in stile Maria de Filippi / Michele Cucuzza.
    Gia solo per questo vale la pena secondo me fare i famosi 18000km.

    La cosa che mi piace è che è sempre presente nei vari reality il fattore sfida: il ciccione deve riuscire a resistere alle patatine, il cantante non deve stonare e i vari team devono scorrazzare per il mondo cercando di arrivare primi.
    In italia anche i programmi tipo xfactor, che qua durano 1 ora e sono centrati sulle canzoni, hanno tre appuntamenti giornalieri, in cui le canzoni occupano il 3% del tempo mentre il resto è dato da pomiciate nel camerino e pianti futili.

    Sulla valorizzazione delle personalità, bè non c'è bisogno di aggiungere una virgola, la situazione si commenta da se.

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